david_lemaitre_latitudeDAVID LEMAITRE – Latitude
(PIAS, 2013)

Stupisce non poco che nel frenetico vortice di musica proposto quotidianamente da fonti di natura diversa sia passato quasi del tutto sotto silenzio un album come “Latitude”, pubblicato nella scorsa primavera peraltro attraverso la sezione tedesca di un’importante etichetta internazionale quale PIAS.

Eppure, all’album di debutto di David Lemaitre non mancano profili di interesse, a cominciare dalla storia del suo autore, nato e cresciuto in Bolivia e in seguito stabilitosi in Germania, e fedelmente tradotta in musica in un caleidoscopio di suggestioni che, pur tradendo appena le esperienze biografiche dell’artista, spaziano dal cantautorato più classico, a soluzioni orchestrali al fascino ritmico dell’elettronica.
Proprio per questo “Latitude” è un disco sfuggente a rigide classificazioni, che rimescola senza sosta le tessere del suo puzzle stilistico su una linea di sviluppo tuttavia sempre incentrata sull’attenzione per le melodie e soluzioni sonore in prevalenza vivaci e brillanti.

Il trittico di tracce iniziali è già più che sufficiente per dimostrare la versatilità di Lemaitre: si comincia con l’obliquo pop uptempo dal sapore seventies di “Megalomania”, per poi passare in rapida sequenza dal battito sintetico e all’arrangiamento orchestrale di “Spirals” (che può far pensare tanto ad Adem quanto a Sufjan Stevens) al soffuso intimismo pianistico di “Magnolia (Girl With Camera)”. A un inizio così spiazzante, segue uno sviluppo altrettanto eterogeneo del lavoro, che corre sui paralleli binari di ritmi briosi, tra swing e folktronica, e ariose aperture d’archi da un lato e di una maggior essenzialità espressiva dall’altro; entrambi sono accomunati da una spiccata sensibilità nella creazione delle melodie, benché pezzi più scarni quali le ballate di quasi sola chitarra acustica e voce quali l’intensa “Olivia” e la più vivace e assolata “Pandora Express” facciano rifulgere le doti interpretative di Lemaitre.

Ai già evidenti riferimenti ad autori classici, che in più di un passaggio fanno ripensare a Tim e Jeff Buckley, va infine aggiunto il conclusivo omaggio a Nick Drake attraverso una cover di “River Man” eseguita con misura e rispetto tali da non sfigurare nei confronti del difficile originale.
Così, tra sbarazzine canzoni puntellate dall’elettronica, pregevoli interludi intimisti e spiccato gusto per variopinte soluzioni d’arrangiamento, “Latitude” appare un prodotto perfettamente rappresentativo del talento globetrotter del suo autore e, un po’ in generale, di un orizzonte artistico che non conosce confini geografici né barriere espressive.

http://www.david-lemaitre.com/

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