PASTACAS & TENNISCOATS – Yaki-Läki
(Õunaviks, 2013)
In oltre dieci anni di onesta carriera, la musica dei Tenniscoats era rimasta confinata più o meno alla stregua di culto per i più accesi appassionati di delicate ricercatezze avant-pop provenienti dal Giappone. In maniera quasi improvvisa, negli ultimi tempi si è accesso un più diffuso interesse internazionale nei confronti del duo formato da Saya e Takashi Ueno, sicuramente alimentato anche dalla loro curiosità nell’esplorare attraverso collaborazioni talora ardite linguaggi e culture musicali diverse da quella loro originaria.
È stato così in occasione del delizioso “Two Sunsets” (2009), che li aveva visti al fianco dei redivivi Pastels, esperimento adesso ripetuto in un affiancamento non meno ambizioso, quello con l’estone Ramo Teder, alias Pastacas, artista attivo in ambito di folktronica e psichedelia lo-fi.
I frutti di un incontro di pochi giorni nello studio finlandese di Teder sono condensati nelle dodici tracce di “Yaki-Läki”, quattro strumentali e otto canzoni in quattro lingue diverse (giapponese, inglese, estone e finlandese) che uniscono stili e sensibilità con la stessa facilità con la quale intrecciano gli idiomi. Nella miscela semi-improvvisata del terzetto ugro-nipponico gentili note acustiche dalle arcane ascendenze folk si fondono con strumenti a fiato e analogici, creando fragili arabeschi sonori, sui quali l’elemento vocale, ove presente, si poggia quale lieve complemento di atmosfere generalmente minimali e intimiste, che presentano tutt’al più moderate variazioni di tempi.
Tenniscoats e Pastacas lavorano decisamente più per sfumature che per contrasti, definendo un comune denominatore espressivo di raccolti chiaroscuri autunnali, svolti in frammenti improvvisati o in lievi filigrane armoniche, che conseguono a tratti compiute miniature pop come ad esempio nella deliziosa “Silmapiir”.
Sotto entrambi gli aspetti, “Yaki-Läki” rivela una spontanea integrazione tra percorsi e stili espressivi che induce a ritenere l’esperimento ad esso sottostante perfettamente riuscito. La fragile grazia giapponese e il folk delle steppe nord-europee sono ben più vicini di quanto si potesse immaginare.
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