HEIDI ELVA – Cave Songs
(Self Released, 2013)
Che Heidi Elva stesse attraversando un momento di profonda fascinazione per i suoni elettronici era chiaro da almeno un paio d’anni, da quando aveva cominciato a contornare le note della sua arpa di un denso pulviscolo di effetti, delay e field recordings. Erano stati questi gli ingredienti principali dell’ultimo “Lo-Fi Musings” (2011), album che già si poneva quale ponte proteso tra un passato acustico-cantautorale, ancorché niente affatto privo di contenuti sperimentali, e ipotesi futuribili legate all’impiego sempre più massiccio della tecnologia.
“Cave Songs” rappresenta invece un deciso e forse definitivo mutamento di prospettiva da parte dell’artista neozelandese, le cui nuove tracce segnano innanzitutto il completo abbandono del suo strumento d’elezione in favore di una formula, tanto scarna quanto algida, di solitaria combinazione tra suoni sintetizzati tramite e iPhone e frammenti vocali sempre più incorporei. Le canzoni contenute nel lavoro hanno sostanzialmente smarrito la loro identità, relegando la stessa voce di Heidi a complemento “ambientale” di una costellazione di liquide pulsazioni che paiono provenire dall’universo più profondo.
È un’estetica spiccatamente post-moderna quella evidente fin dall’immagine della copertina dell’album (al momento disponibile nel solo formato digitale) e fedelmente rispecchiata dal suo contenuto. Battiti, sciabordii e ritmiche elettroniche in prevalenza lente e claustrofobiche alimentano una corposa ambience di fondo, sulle cui spesse stratificazioni si innestano rare schegge armoniche e un’infinita serie di suoni accidentali da notturno metropolitano. Il solo mantra ipnotico di “I Am Flying” e la visionaria “Wet Season Rains” (unica vera e propria canzone del lotto) riportano il lavoro a una dimensione umana, diradando tempi e contenuti propulsivi in modo da restituire alla voce di Heidi un ruolo decisivo e ai suoi brani il fascino misterioso delle derive del debutto “Ships And Trees”.
Ben altre derive sono appunto quelle di “Cave Songs”, album a sua volta caratterizzato da un’idea di fondo legata al viaggio, inteso quale suggestione estemporanea della scoperta ma anche quale incessante divenire umano e artistico; lo stesso che ha condotto Heidi Elva a ricercare nei disadorni spazi di una caverna echi dei suoni dell’infinito, filtrati attraverso dispositivi tecnologici.