RAFAEL ANTON IRISARRI – The Unintentional Sea
(Room40, 2013)
Dal fragile equilibrio degli ecosistemi naturali, ispirato dalla storia di un tentativo di deviazione di un corso d’acqua californiano risalente al ventesimo secolo, Rafael Anton Irisarri ha tratto l’ispirazione per le cinque lunghe tracce di “The Unintentional Sea”, terzo lavoro sulla lunga distanza a suo nome, a tre anni di distanza dal precedente “The North Room”.
Come l’intervento dell’uomo ha spostato e trasformato la vita di piante e animali, producendo in maniera appunto imprevista il bacino idrico del lago salato Salton, così lo sperimentatore di Seattle ha orchestrato attraverso un’ampia rassegna di manipolazioni e filtraggi piccole sinfonie ambient-drone, parimenti sospese in bilico tra saturazioni claustrofobiche e aperture di più luminosa speranza.
I brani di “The Unintentional Sea” risultano così il frutto di un interrotto processo evolutivo, dagli esiti estremamente eterogenei ma accomunati da un medesimo denominatore individuabile nella vocazione dell’artista americano a una maestosità cinematica in progressione, percorsa da lente cadenze e pulviscolari detriti elettro-acustici. Così, i morbidi toni riverberati dell’iniziale “Fear And Trembling” sfociano gradualmente in sature correnti di elettricità statica, mentre le evocative riflessioni delle successive “Her Ritual” e “The Witness” si trasformano via via in coltri di pesante oscurità atmosferica. È proprio qui che tuttavia riaffiora la sensibilità sognante ed emozionale di Irisarri, quella che aveva impressionato nel suo primo “Daydreaming” e da lui espressa sotto l’alter-ego The Sight Below, a diradare ombre disperate attraverso la grazia gentile di note pianistiche risuonanti con cadenze rarefatte tra espansi frammenti ambientali.
Nascono così i quasi undici minuti di “Daybreak Comes Soon”, il brano più lungo e rappresentativo del lavoro, quello nel quale Irisarri attesta un saldo ancoramento a suggestioni impressionistiche, sempre fluenti sotto traccia alle sue composizioni, anche quando in apparenza sovrastate dalle più inquiete torsioni rumoriste, culminanti nel controllato crescendo di feedback della conclusiva “Lesser Than The Sum Of Its Parts”. Le sperimentazioni di Irisarri continuano dunque a mantenere un cuore profondamente umano, a tratti persino romantico, o quanto meno tale da filtrare anche cerebrali manipolazioni elettroniche attraverso una lente di emozione, coinvolgente e fragile in maniera speculare rispetto alle dinamiche naturali dalle quali nell’occasione sono state ispirate.