will_driving_west_flyWILL DRIVING WEST – Fly
(Self Released, 2014)

Segue il mutevole ciclo delle stagioni, così come il complesso puzzle degli interessi musicali del suo leader e songwriter David Ratté, il terzo lavoro dei canadesi Will Driving West, ancora fedeli alla logica di una curata autoproduzione, a due anni esatti di distanza dall’ottimo predecessore “Castles”. Quattro stumentali intitolati “Eyes Closed” e distinti con i sottotitoli di ciascuna stagione inframezzano infatti le nove canzoni di “Fly”, stabilendo un legame con l’altro progetto di Ratté, Man An Ocean, invece improntato a un post-rock atmosferico.

Con i tre musicisti che l’accompagnano in Will Driving West, l’artista canadese non solo manifesta la sua vena cantautorale, veicolata da soffice lirismo interpretativo, ma soprattutto è posto nelle condizioni di rivestire le proprie canzoni di una pluralità di soluzioni sonore che a partire dalla tradizionale essenzialità acustica abbracciano una romantica dimensione cameristica, senza disdegnare cadenze e crescendo dai quali traspaiono appunto retaggi post-rock.

Senza apparenti cesure, “Fly” spazia dall’impronta corale ariosa e dotata di ritmiche decisa del primo segmento primaverile (“The Night” e “Grow”) al romanticismo estivo del secondo, intriso di nostalgie acustiche enfatizzate dal violoncello della brava Camille Paquette-Roy (“No Empty Promises”) e irrobustito da un crescendo elettrico denso di pathos (“The Aventure”). La seconda parte del lavoro lascia emergere l’ispirazione più fragile e soffusa di Ratté e soci, con le cadenze sonnolente e il tessuto cameristico di “Ghost” scosse dallo spasmo di “Airplanes”, entrambe affini alla scomposita tavolozza dei primi Early Day Miners, mentre i due brani “invernali” conclusivi distillano l’essenza più ovattata del cantautorato di Ratté, animato da introspettiva levità cameristica nella title track e riscaldato dal calore di un ambiente domestico sulle note del banjo della conclusiva “Pieces”.

Non meno significativi sono i quattro strumentali che aprono gli altrettanti ideali capitoli del lavoro, muovendo dal breve intro ambientale, per poi passare a florilegi d’archi ed evolversi verso un più articolato dialogo con pianoforte e note acustiche.
In “Fly” si manifesta dunque di nuovo in maniera compiuta l’ampiezza degli orizzonti espressivi di una band che, anche per provenienza geografica, dimostra di aver assorbito una pluralità di suggestisioni stilistiche, facendole proprie e applicandole a un cantautorato lieve e assorto, che sarebbe limitante circoscrivere al solo alveo della rinascita alt-folk di questi anni.

http://www.willdrivingwest.com/

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