PSALMSHIPS – I Sleep Alone
(Big School, 2014)
Ben probabilmente, non è affatto un caso che come dopo la prematura scomparsa di Jason Molina, avvenuta poco più di un anno fa, l’eredità del dolente songwriter dell’Ohio sia più viva e presente che mai, non solo nei già numerosi tributi alla sua straordinaria personalità cantautorale ma anche nelle opere originali di artisti che poco o nulla avevano avuto a che fare con lui quando era in vita.
Colpisce in particolare come sia il fantasma Molina più solitario e macerato (quello ad esempio di “Pyramid Electric Co.” o di “Let Me Go Let Me Go Let Me Go”) a non poter non balenare nella mente all’ascolto del nuovo lavoro di Psalmships, progetto dell’underground di Philadelphia che da qualche anno fa capo al cantautore Joshua Britton. Tale premessa non intende affatto svilire il valore di “I Sleep Alone”, stabilendo invece un legame espressivo e spirituale invece esplicitato da Britton in dieci canzoni sofferte ma animate da un’agrodolce intensità che ne tempera i pochi momenti di esulcerata afflizione.
Il formato è estremamente scarno, con la chitarra e la voce aspra di Britton accompagnate da un quartetto che ne amplifica la forza espressiva con inserti di slide, organo ed evanescenti riverberi elettrici, oltre che con delicate parti pianistiche eseguite da Chelsea Sue Allen.
Il registro dei dieci brani è uniformemente cupo e umbratile, eppure non privo di calibrazioni di un isolazionismo folk accentuato anche dalla disadorna qualità di registrazioni che rispecchiano un contesto realizzativo solitario e casalingo. Spesso si tratta di sparsi appunti di emozioni catturate in presa diretta, sospese in atmosfere comunque non oppressive (l’urlo disperato di “Flesh Turn”, lo strimpellio lo-fi di “I’m Never In Love”), ma non mancano costruzioni cantautorali organiche e rifinite con il supporto della band (il tenebroso lirismo di “Every Day Is A Widow”, il moderato camerismo pianistico di “Thorns”). Il cuore pulsante del lavoro, quello nel quale meglio lo spiccato lirismo di Britton palesa la lusinghiera analogia richiamata all’inizio, si manifesta tuttavia in maniera compiuta proprio negli episodi più sommessi e vellutati, quali “Patience To Undo The Patience” e “Stars Pt. 2”, sorretti da fluide trame armoniche di chitarra acustica e pianoforte.
Raramente come in questo caso un’affinità espressiva si è manifestata con un misto di rispetto e personalità: è ciò che induce a considerare “I Sleep Alone” non solo un lavoro dotato di una propria autonoma ispirazione, ma soprattutto una valida testimonianza di un folk animato da un coinvolgente pathos spettrale.
Bellissimo. Ottima scoperta, grazie!