stray_ghost_so_much_to_remember_so_much_to_forgetSTRAY GHOST – So Much To Remember, So Much To Forget
(Self Released, 2014)

Oltre un anno di silenzio è un periodo fin troppo lungo per le prolifiche abitudini di Anthony Saggers, che sotto l’alias Stray Ghost ha consolidato la propria figura di compositore neoclassico-ambientale dotato di grande sensibilità e pronunciate capacità immaginifiche, a partire dai titoli dei suoi lavori.
Tale (relativa) assenza di produzioni da parte dell’artista inglese trova giustificazione nella struttura stessa della sua nuova monumentale opera: “So Much To Remember, So Much To Forget” è infatti un doppio album autoprodotto in edizione limitata, che raccoglie oltre due ore delle meticolose intersezioni realizzate da Saggers tra evanescenze ambientali e un minimalismo da camera costituito da spoglie note pianistiche e avvolgenti modulazioni di archi.

È il mutevole flusso della memoria il tema portante del lavoro, tema non certo inedito in campi espressivi affini, eppure sviluppato da Saggers nella per lui consueta relazione con il sentimento. Il corso stesso del primo cd in particolare è scandito da una fragile nostalgia, che affiora in tre interludi di carezzevoli sospensioni pianistiche, il terzo dei quali si apre a loop e riverberi che fungono da vero e propria accompagnamento orchestrale. Analogo canovaccio seguono i movimenti più articolati di questa parte, a partire dall’iniziale “Jardin”, altresì costellata da minuti crepiti e detriti sonori, speculari alla lieve torsione della spettrale “We Spoke Too Soon”.
L’esegesi del ricordo da parte di Saggers non attiene soltanto all’agrodolce senso della malinconia, ma è popolata dall’inquietudine della mancanza, veicolata da vapori ambientali pur in prevalenza lievi e ovattati. Le cadenze dilatate delle melodie stillate dal pianoforte si librano così anche su dense ombre ambientali (“I Know You Are A White Bird”), ma più spesso sono colte in danze al rallentatore su delicati vapori aurorali (“Song For The Dawn”, “Gossamer”).

La seconda parte del lavoro non si discosta in maniera sostanziale dai cardini espressivi della prima, introducendo soltanto sul cinematico flusso delle composizioni di Saggers morbidi riflessi nordici (“What Once Was New”) e accentuando la dimensione spaziale nella quale risuonano le note del pianoforte (“It Takes Some Time To Recall”). I paesaggi sonori si fanno inoltre più vari, spaziando dai riflessivi tredici minuti di “The Hardest Choice To Make Is The Right One” e ai toni elegiaci nei quali sfocia la sinfonia in tre movimenti di “Our Traces Vanish With The Thaw”. Il finale, poi, innesta su quanto di più visionario e immateriale gli archi filtrati di Saggers hanno prodotto (“Day Without Evening”) i luminosi timbri di una speranza (“A Lonely Street To Follow”), sublime proiezione al futuro dei ricordi suadentemente dipanati lungo il corso del lavoro.

Al di là della sua impegnativa durata complessiva, “So Much To Remember, So Much To Forget” non manca di regalare scorci affascinanti, in grado di far volare la mente in tempi e spazi distanti, sulle ali di struggenti abbracci di archi e romantici ricami pianistici che, appena ammantati da un’evanescente aura ambientale, spingono Anthony Saggers verso una sempre più marcata dimensione di minimalismo neoclassico.

http://www.facebook.com/pages/Stray-Ghost/

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