HAZY LOPER – Ghosts Of Barbary
(Out Of Round / Ribéss, 2014)
Quella degli Hazy Loper non è semplicemente l’esperienza di una band che da una decina d’anni a questa parte si cimenta in un canzoniere polveroso, radicato nella tradizione country-folk ma contraddistinto da un approccio umbratile e da cadenze malinconiche. Hazy Loper è, infatti, un composito collettivo nel quale, accanto ai musicisti operano artigiani che costruiscono strumenti, artisti impegnati in campi espressivi diversi e persino studiosi e storici.
Il folk, del resto, presenta caratteri antropologici ben più profondi rispetto a una più o meno effimera estetica sonora ed è pertanto frutto di una matrice culturale che travalica i tempi. Da tale premessa muove il nuovo lavoro del collettivo guidato da Patrick Kadyk e Devon Angus, pubblicato a seguito di collaborazione tra l’etichetta californiana Out Of Round e la romagnola Ribéss.
La curiosa e felice connessione che lega l’orchestrina folk degli Hazy Loper all’Italia si sostanzia nelle quattordici tracce di “Ghosts Of Barbary”, frutto di una narrazione romantica ed essenziale di storie sospese tra le tenebre dell’anima e la luce dei grandi spazi statunitensi. Il formato espressivo della band è tutto fuorché stereotipato, non soltanto per la peculiare strumentazione impiegata (che comprende anche oggetti di recupero adattati alla bisogna) e per le cadenze in prevalenza sfumate delle canzoni, ma soprattutto per un pregevole equilibrio tra fluidità di scrittura e lirismo interpretativo. La sequenza dei quattordici brani scorre infatti come una pellicola sulla quale sono impresse immagini virate in seppia, dallo spiccato carattere cinematico-narrativo e dai contorni sonori tanto legati alla tradizione folk quanto sviluppati secondo un registro cameristico sottilmente tenebroso e a tratti persino spettrale.
Benché non si tratti propriamente di dark-folk, più di un passaggio dell’album possono far pensare a “murder ballads” minimali o allo spleen notturno dei primi Black Heart Procession. Ciononostante, il tono complessivo di “Ghosts Of Barbary” è alleviato dalla gentilezza acustiche di arpeggi di chitarra o banjo, che non mancano di assumere sfumature ritualistiche, da ritmiche rallentate e inserti d’archi, che indirizzano la vocazione cameristica della band ora verso un romanticismo nostalgico, ora verso l’inquietudine di oblique dissonanze.
L’affresco risultante da “Ghosts Of Barbary” resta comunque estremamente piacevole e fruibile, a ennesima conferma di come, sottostante al linguaggio folk, la conoscenza delle radici culturali sia necessaria tanto quanto la creatività nell’elaborare una formula sonora, entrambi elementi dei quali il camerismo folk venato d’oscurità degli Hazy Loper è ampiamente dotato.