hugarHUGAR – Hugar
(Self Released, 2014)

Se è ormai consuetudine assistere a proposte di neoclassicismo cinematico incentrate sulle intersezioni tra pianoforte ed elettronica ambientale, un po’ meno comune è l’impiego dei fiati quali elemento portante di pièce strumentali dall’elevato contenuto suggestivo.

Un esempio di questa declinazione parzialmente diversa della “modern classical” proviene dall’Islanda e, oltre a essere inevitabilmente animata dall’ispirazione e dagli sentori di quella terra affascinante, è anche legata in maniera molto stretta a un’esperienza artistica che, nel medesimo ambito espressivo, è assurta ad ampi consensi internazionali. Si tratta di quella di Ólafur Arnalds, con il quale i due protagonisti del progetto Hugar hanno spesso avuto occasione di collaborare; in particolare Bergur Þórisson ne è stato trombettista live, mentre il sodale Pétur Jónsson ha spesso curato l’elettronica.

Non è un caso che lo stesso Arnalds compaia nelle vesti di batterista tra i collaboratori dell’omonimo album di debutto del duo, reso disponibile in download gratuito tramite la propria pagina Bandcamp. Al di là del cono d’ombra del padrino d’eccezione, il lavoro appare frutto dell’idea piuttosto personale di Þórisson e Jónsson di poter disegnare ampi paesaggi sonori alieni attraverso una piccola orchestra che li vede per protagonisti, affiancati inoltre da un quartetto d’archi.
Le aperture armoniche delle orchestrazioni di Jónsson donano ampiezza ai ricami di pianoforte dei quali è comunque costituita la maggior parte dei brani, incorniciati dagli archi e da misurati inserti elettronici ma soprattutto ammantati di un’aura di profonda nostalgia dalle solenni interpretazioni ai fiati di Þórisson. È quest’interazione a caratterizzare fortemente gli episodi più suggestivi proposti dal duo (“Upphaf”, “Úti “, “Holtið”), che disegnano paesaggi dal fascino ultraterreno.

Alle già fluide dinamiche compositive del duo, la presenza di parti ritmiche aggiunge una vivacità che sfocia in costruzioni incrementali e nei crescendo dal sapore vagamente “post-“ di “Horn” ed “Endalok”, che chiude il cerchio delle reciproche collaborazioni rimandando ai primordi dello stesso Ólafur Arnalds. L’operazione è sicuramente interessante e presenta discreti margini di sviluppo, offrendo un’avventurosa prospettiva nordica della modern classical più evocativa di immagini e sensazioni forti.

http://www.hugar.is/

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