luke_saxton_sunny_sadnessLUKE SAXTON – Sunny Sadness
(Bad Paintings, 2014)*

Appena diciannove anni, ma una confidenza da veterano con la scrittura musicale rappresentano le prime coordinate utili alla scoperta di Luke Saxton, ennesimo giovane virgulto che si affaccia alla produzione discografica. Stavolta non si tratta di folk, ma di pop d’autore senza tempo, che stupisce per cultura musicale e maturità nel songwriting, nelle interpretazioni e nelle soluzioni d’arrangiamento; non a caso le nove canzoni di “Sunny Sadness” sono il distillato di anni di formazione e di una precocissima vocazione alla scrittura, applicata fin da quando Saxton aveva appena sette anni, che da allora lo ha condotto ad avere a disposizione un archivio di oltre quattrocento brani (!).

Se anche quella raccolta in “Sunny Sadness” fosse una selezione fior da fiore, ci sarebbe comunque da confidare che al giacimento del suo sterminato canzoniere il ragazzo originario di York potrà attingere per molto altro tempo ancora, oltre che arricchirlo di ulteriori gemme e di quell’esperienza che già adesso certamente non gli manca. Questo raccontano le nove canzoni del lavoro, che senza deferenza agli impegnativi modelli Bowie e Gainsbourg, sviluppano una scrittura pop “adulta” e raffinata, che non necessita di particolari artifici per proiettare in una temperie espressiva piacevolmente retrò nei suoi dichiarati richiami agli anni Settanta (fin dalla copertina!), ma tenuto a distanza di sicurezza dall’anacronismo dalla freschezza delle melodie di Saxton.

Il delizioso tributo di “Song For Harry Nilsson”, il candore beatlesiano di “My Dear” e “Plans For The Treehouse” sono già biglietti da visita più che sufficienti a ravvisare nel giovane Saxton un credibile continuatore della tradizione inglese più raffinata, sottilmente visionaria e malinconica, che potrebbe risvegliare persino i palati dei cultori di XTC e Robyn Hitchcock. Vi è tuttavia molto di personale, a partire dalla calzante sensazione agrodolce del titolo, lungo i solchi di “Sunny Sadness”, dai quali la promettente figura di Saxton affiora non solo nella qualità di abile orchestratore di ricercate atmosfere fuori dal tempo, ma anche in quella di brillante autore e interprete, capace di colpire nel segno anche in contesti più essenziali e umbratili, come quello della title track di chiusura del disco o nella delicata ballata pianistica “Spring Is Here”.

Benché il gusto rifuso nelle canzoni di “Sunny Sadness” appaia ben distante dall’edulcorazione utile ad assicurarvi un pronto impatto e una diffusione su vasta scala, un simile debutto induce a scorgere nella naturale attitudine alla scrittura del ragazzo di York le stimmate della predestinazione.

*disco della settimana dall’8 al 14 dicembre 2014

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