SAÅAD – Deep/Float
(Hands In The Dark, 2014)
Senza molti giri di parole, “Deep/Float” è stato tra i dischi ambient-drone più affascinanti dello scorso anno. Ne sono stati artefici Romain Barbot e Greg Buffier, il cui progetto Saåad si è per la prima volta misurato con un’uscita in vinile, dopo che per cinque anni è stato attivo in particolare attraverso pubblicazioni su cassetta e in formato digitale.
Le sei tracce del lavoro – che conclude con un’immersione nei recessi più profondi del suono e dell’anima l’ideale trilogia cominciata nel 2012 con “Confluences” e proseguita l’anno successivo con “Orbs And Channels” – sono il frutto di una certosina opera di manipolazione in studio di registrazioni realizzate dai due artisti francesi sul terreno di un particolare contesto “outdoor”. Il materiale di base di “Deep/Float” è infatti costituito dal suono di tre grandi corni suonati a ridosso di una parete rocciosa alpina e catturato in presa diretta, insieme a tutto quanto la peculiarità del luogo acustico poteva recare con sé.
In tal modo, il concetto stesso di field recordings è elevato a elemento connaturato alla materia sonora in seguito plasmata a formare una sequenza di concise istantanee (tutti i brani sono intorno ai sei minuti di durata), nella quale la dimensione fisica della parete rocciosa, percepibile nelle rumorose torsioni verticali dell’iniziale “Valley Of Quartz” viene erosa e riplasmata in visioni aurorali vagamente acide (“Alone In The Light” e “New Helicon”) e sublimata nelle granulose rarefazioni di “Giant Mouth” e “After Love”, saggi di maestosità ambientale dai quali lasciarsi trasportare, senza fiato, negli abissi di persistenze incorporee che trasfigurano la stessa essenza sonora di un luogo reale in una liquida metafora dell’immaginario.