DIAGRAMS – Chromatics
(Full Time Hobby, 2015)
Accantonata l’esperienza collettiva dei Tunng, Sam Genders ha intrapreso un percorso solista a nome Diagrams, nel quale poter dare più libero sfogo alla sua passione per le tastiere e per l’elettronica, rispetto al contesto sempre più orientato al folk della band guidata insieme a Mike Lindsay.
Dopo il non esaltante esordio “Black Light” (2012), nel quale le componenti elettroniche prendevano decisamente il sopravvento sulla scrittura, Genders torna a dischiudere, come simbolicamente rappresentato dalla copertina, la coloratissima scatola magica della sua ispirazione, combinando in un caleidoscopio composto da undici tracce un approccio post-moderno alla composizione con strutture espressive in un certo senso più tradizionali e riconducibili al formato plurale di una band.
L’elettronica continua a giocare un ruolo in “Chromatics”, tuttavia depotenziato rispetto al recente passato e, in un certo senso, più affine alla miscela folktronica dei Tunng, ovvero confinato al contorno straniante e sottilmente psych di un articolato puzzle di melodie scorrevoli e trasognate. C’è un sentore vagamente acido, che sa di antiche visioni pop tra le pieghe del lavoro; si coglie negli effetti stranianti di “Shapes” e nelle derive retro-futuriste di “Dirty Broken Bliss”, ma anche nella delicatezza beatlesiana di “You Can Talk To Me”, popsong deliziosamente sospesa a mezz’aria.
Proprio la ritrovata sensibilità di scrittura di Genders rappresenta la più gradita riscoperta di “Chromatics”, variamente declinata in passaggi sbarazzini e di pronto impatto quali le iniziali “Phantom Power” e “Gentle Morning Song”, tutte ritmiche vivaci e crescendo elettrici, in saggi di coralità folk-rock dal sapore sixties (“The Light And The Noise”, “Brain”) e soprattutto nella reviviscenza folk della title track e di “Serpent”, che si atteggiano a ideale continuazione del percorso dei Tunng e di quello seguito da Genders nell’estemporanea esperienza di The Accidental.
Non appare dunque un caso che la cullante ballata acustica finale “Just A Hair’s Breadth” suoni un po’ come la chiusura del cerchio da parte dell’artista inglese, che continua ad attraversare linguaggi e forme espressive, senza smarrire le tracce della propria ispirazione primigenia, che adesso anche in Diagrams ritrova un’equilibrata manifestazione folktronica arricchita da un gusto (psych-)pop piacevolmente fuori dal tempo.
Avevo già “notato” Tunng. Interessante assai.