heirloomHEIRLOOM – Heirloom
(Self Released, 2015)

Affermare che una band suoni soltanto le note che necessitino di essere ascoltate e nulla più rappresenta un manifesto di un’essenzialità che implica anche una certa ambizione nel conseguimento del giusto grado di parsimonia nella scrittura e negli arrangiamenti. Si tratta del biglietto da visita degli Heirloom, piccolo ensemble chamber-folk canadese formatosi intorno alla cantante e songwriter Lisa Malachowski, giunto con il disco omonimo alla terza tappa di un percorso intrapreso tre anni addietro che finora aveva prodotto un Ep e un album, entrambi all’insegna di una concisione che appunto fa rima con essenzialità.

Tali caratteri ricorrono entrambi quali veri e propri binari portanti del nuovo lavoro, che nel volgere di poco meno di mezz’ora condensa in otto brani una sorta di romanza fuori dal tempo per voce e strumenti a corda, che unisce folk e classicismo con una naturalezza aliena da intellettualismi.
Benché i musicisti (anzi, le musiciste, perché la maggioranza della band è al femminile) provengano da una formazione in prevalenza classica, l’aggraziata scrittura melodica della Malachowski e appunto il minimalismo dell’approccio ne fanno sbocciare le doti in un contesto tanto rigorosamente curato quanto leggero, dal genuino sapore primaverile.

Alla naturale delicatezza della songwriter che guida la band fa comunque da corrispettivo un impianto strumentale niente affatto banale, frutto di un dialogo spesso piuttosto articolato tra chitarra o banjo e terzetto d’archi: prova evidente se ne ricava dalle mutevoli ricamature folk di “Lullaby” (che non a caso è il brano più lungo del lotto, con i suoi quasi cinque minuti) e fin in partenza dai leggiadri interludi che si alternano alle briose melodie dell’iniziale “Prologue”. E tra prologo ed epilogo intimista – ulteriore testimonianza della loro vocazione cameristica – gli Heirloom dispensano una serie di bozzetti chamber-folk costituite da poche pennellate dai colori pastello, che assumono di volta in volta i contorni agrodolci di una danza campestre (“Sweet/Sour”), la freschezza di una pioggerella maggiolina (“Lightest Bird”) e la piacevole nostalgia di ricordi antichi (“Old Song”, “Strangest Places”).

Come un oggetto antico, ma dalla valenza affettiva del tutto attuale, “Heirloom” è un piccolo scrigno pieno di preziose gemme di un chamber-folk per nulla stereotipato e ben distante dal facile alfabeto indie, ma che appunto incanta per garbo, raffinatezza e spontanea essenzialità.

http://www.heirloomband.com/

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