ANDERS BRØRBY – Holiday Affairs
(Self Released, 2015)
La raccolta di canzoni acustiche scritte nell’ultimo triennio pubblicata da a inizio anno si intitolava “I’m Not A Singer Songwriter”. E di certo non si può dire che l’artista norvegese mantenga le non premesse con le quali presenta la propria nuova dimensione creativa, ben distante da quella prog-rock dei Radiant Frequency, band con la quale aveva iniziato oltre dieci anni fa.
“Holiday Affairs”, suo nuovo album vero e proprio, è infatti un caleidoscopio di stili e linguaggi che, se non colloca Brørby in maniera univoca nel novero dei cantautori, ne evidenza senz’altro le doti di scrittura, calate di volta in volta in contesti sonori diversi, aventi quale comune denominatore una consistenza astratta e impalpabile, come la sua stessa voce, in prevalenza eterea e filtrata fino a confondersi con le nebbie ambientali che ne costituiscono la quinta.
Il carattere (latamente) ambientale è senz’altro quello dominante in “Holiday Affairs”, come testimoniano le afasiche modulazioni del brano d’apertura “Soft Kisses Under The Streetlights” e il morbido romanticismo di “Tomorrow Couldn’t Exist Without You”. Che si tratti di saturazioni che sfiorano il rumore (“The Battlefield”) o di sognanti coltri ambient-pop degne di The Album Leaf (“The Distance Between Heartbeats”), i paesaggi sonori costituiscono parte decisiva del contenuto dei brani dell’artista norvegese: non sorprende, dunque, ritrovare nel corso del lavoro alternarsi con naturalezza riverberi elettrici in crescendo nervosi (“Hey World, Go Fuck Yourself”) e brillanti decompressioni shoegaze (nella conclusiva “You Can Count On Me”).
Benché l’unica canzone secondo un’accezione più propria del termine sia la splendida “The Ghost”, ballata acustica dal cantato deciso e recante soltanto echi dell’umbratile spazio sonoro di registrazione, possono ben definirsi tali anche la maggior parte dei brani – cantati o meno – realizzati da Brørby, che in “Holiday Afffairs” si dimostra sicuramente non un cantautore ordinario, ma quanto meno un artista capace di scrivere canzoni da calare in una pluralità di contesti sonori popolati da modulazioni variopinte ed evanescente sognanti.