ESMERINE – Lost Voices
(Constellation, 2015)
Dal post-rock a terre lontane, e ritorno: il lungo arco che ha condotto gli Esmerine da piccolo ensemble da camera parallelo ai collettivi artistici Godspeed You! Black Emperor e Silver Mt. Zion a esperienza totalizzante, inclusiva di elementi vocali e diverse spezie etniche, si chiude idealmente con le nove tracce di “Lost Voices”. Lo si comprende dagli inquieti movimenti d’archi e poi dall’impetuoso crescendo di chitarre e ritmiche dell’iniziale “The Neighbourhoods Rise” e i restanti brani che compilano il tre quarti d’ora di durata del lavoro via via lo confermeranno.
Non si tratta tuttavia di un ritorno al punto di partenza, bensì di una sorta di contestualizzazione attuale delle radici del musicisti coinvolti nel progetto, a partire da Bruce Cawdron e Rebecca Foon, che nell’occasione ampliano la stabile line-up di Esmerine a quintetto comunque, come d’abitudine, aperto a ulteriori contributi. Tra questi ultimi, spicca senz’altro quello della violinista Sophie Trudeau, la cui presenza alimenta l’idea di “ritorno alle origini” che avvolge un po’ tutto “Lost Voices” in sensazioni piacevolmente consuete, ma non per questo niente affatto scontate.
L’ambiente sonoro che ne risulta è al tempo stesso ovattato e spiccatamente dinamico, tanto che brani quali “A River Runs Through This City”, “19/14” e “Funambule (Deus pas de Serein)”, con le loro dense distorsioni sostenute da marcate linee elettriche, sono quanto di più esplicitamente “rock” finora combinato con la sensibilità decadente della band canadese.
Ma il sensibile irrobustimento della grana sonora degli Esmerime è il profilo più immediatamente evidente di “Lost Voices”, nel corso dell’album abbondano momenti sospesi e dilatati, talora interpolati – a mo’ del post-rock orchestrale di marca québécois – a quelli di maggiore tensione elettrica, ma più spesso espansi a coesi saggi di delicatezza cameristica (“Pas Trop Pas Tropes”, “A Trick Of The Light”) o addirittura funzionali alla creazione di un’ambience notturna, al tempo stesso romantica e spettrale (“My Mamma Pinned A Rose On Me”, “Our Love We Sing”).
“Lost Voices” è dunque un album integralmente coerente con l’esperienza di Esmerine e con quelle dei musicisti che continuano ad alimentarla, non un conservativo ritorno alle origini del post-rock cameristico, bensì una sua declinazione al tempo presente, ancora pienamente credibile e coinvolgente.