BEN CHATWIN – Heat & Entropy
(Ba Da Bing!, 2016)
Ben Chatwin si è recentemente spogliato dapprima dell’alias Talvihorros, e ora anche delle sovrastrutture di manipolazione e filtraggio degli elementi acustici che già caratterizzavano l’album dello scorso anno “The Sleeper Awakes”. La scoperta di un vecchio dulcitone da parte dell’artista scozzese ne ha talmente mutato l’approccio e gli elementi costitutivi della propria proposta musicale da indurlo a realizzare per la prima volta un disco in maniera totalmente casalinga. Ne sono risultate le nove tracce di “Heat & Entropy”, riflessione in musica sulle interrelazioni tra ordine naturale e caos delle macchine che rispecchia appunto la transizione espressiva di Chatwin, adesso alla guida di un ideale ensemble da camera, le cui esecuzioni non sfuggono tuttavia all’immaginario tenebroso e intricato della sua precedente esperienza artistica.
Non che nel lavoro non manchino elementi elettrici o elettronici, deputati tuttavia soprattutto al raccordo delle parti acustiche o alla definizione di loro cornici granulose e crepitanti; il fulcro di “Heat & Entropy” resta comunque costituito dalle i(n)terazioni e dai contrasti tra le corde oblique degli archi o della chitarra suonata “a orecchio” dal fratello di Ben Chatwin, Jordan, e la solennità polverosa delle note pianistiche, entrambe occasionalmente scandite dalle rilucenti dinamiche di un metallofono.
Tale peculiare formazione strumentale plasma dunque un’immaginifica sequenza la cui ambience spettrale (“Oscillations”, “Surface Tension”) scolora in pièce cameristiche rivestite di un’aura antica e misteriosa (“Inflexion”, “Euclidean Plane”, “Corpseways”), prove tangibili della consolidata predilezione dell’artista scozzese per un linguaggio musicale a netta prevalenza organica, ma non meno visionario e denso di inquiete suggestioni che in passato.