COVARINO/INCORVAIA – Perugia
(Preserved Sound, 2016)
Ritrovarsi nello stesso luogo è stato un po’ come innestare la macchina del tempo per Francesco Covarino e Alessandro Incorvaia; niente di più naturale, dunque, che riprendere i rispettivi strumenti (percussioni e chitarre) e lasciarne intrecciare le dinamiche liberamente, guidati soltanto dall’istinto di un momento da cogliere al volo.
Di quel momento i due musicisti italiani hanno impresso cinque ideali cartoline sonore, adesso inviate dal luogo del loro incontro, appunto “Perugia”, sotto forma di un lavoro che, a sua volta, riporta la macchina del tempo al periodo più fiorente del post-rock, in particolare di quel post-rock al tempo stesso improvvisato e matematico che abbracciava le cadenze intellettuali dei Tortoise e l’istinto primitivo dei Gorge Trio.
Tre lustri più tardi, non appare affatto fuori tempo il lessico destrutturato di Covarino e Incorvaia, le cui trame si rincorrono e si combinano per quaranta minuti popolati da spasmi contenuti e vibrazioni roboanti, ma anche da passaggi più quieti e dilatati e finanche da barbagli di dolente romanticismo.
È l’ennesima prova della perdurante vitalità intrinseca di un linguaggio artistico, ovviamente tale soltanto se sostenuta dalla perizia esecutiva e – soprattutto – dall’indole di due musicisti animati dalla passione e dal desiderio di cogliere l’attimo della loro complementarietà espressiva, scarna ma pienamente esaustiva di una complessità sonora prodotta da mente e istinto.