LAKE MICHIGAN – Stillness
(Z Tapes, 2018)
L’atmosfera brumosa dell’immagine di copertina e la stessa stasi richiamata dal titolo del nuovo lavoro di Christopher Marks sembrano quanto di più distante dal clima estivo nel quale pubblica il suo quinto lavoro a nome Lake Michigan, sull’imprescindibile formato della cassetta. Eppure, non solo l’indolenza e la penombra casalinga possono rappresentare, per contrasto, sicuri rifugi dalle temperature, dalla luce e dal chiasso proprio della stagione, ma continuano a costituire il contesto ideale per la creazione musicale dell’artista inglese, nonché per la fruizione delle sue intime meditazioni lo-fi.
“Stillness” ne raccoglie nove, incentrate su narcolettici accordi di chitarra e sul confidenziale timbro vocale di Marks, più spesso protagonista di ruminazioni in forma prossima allo spoken word che non di un cantato vero e proprio. Eppure, le scheletriche canzoni di Marks riescono a descrivere compiuti scorci di un’introspezione pacata, ostentatamente racchiusa in un microcosmo creativo e di sensazioni, rispecchiate appieno dall’ovattato calore dell’ambience scandita da risonanze chitarristiche, trasformate con naturalezza nelle loro componenti armoniche.
La dimensione invariabilmente “da cameretta” di Marks ne risulta così declinata in maniera personale e senza eccessi languidi, grazie alla tenebrosa austerità del suo timbro vocale e alle sue atmosfere oblique e crepitanti che, in particolare nella parte finale del lavoro, fanno correre la mente addirittura ai Labradford dell’album bianco. Ancora una volta, in “Stillness” l’essenzialità di mood e ambientazioni sonore corrisponde a un’attitudine umbratile e riflessiva, lentamente distillata in canzoni, proprio per questo, adatte a tutte le stagioni dell’animo.