KLĀS’TĬK – Night’s Highest Noon
(Krysalisound, 2018)
Quasi a sfatare la convinzione che la ricerca sulla materia primigenia del suono si incentri in maniera quanto meno prevalente sulla modulazione di frequenze aritmiche e afasiche, giunge un disco per certi versi spiazzante quale “Night’s Highest Noon”.
Lavorando su ossimori espressivi – speculari a quelli evidenziati dal titolo – il duo composto da Masaya Hijikata e Andrea Koch crea un’ambience estremamente evocativa risultante dall’interazione tra vocalizzi e ritmiche decostruite. Dalle otto dense tracce del debutto condiviso dai due artisti sotto la sigla klās’tĭk promanano sensazioni ancestrali, i cui elementi rimandano appunto alle origini dei codici sonori umani, presentati in una pluralità di interazioni, dal tono spesso misterioso e quasi sacrale.
Le componenti che ben potrebbero definirsi “etniche” del suono del duo, pur a tratti persino febbrili, sono tuttavia diluite da interpolazioni elettroniche, che evidenziano l’essenza sperimentale dell’operazione condotta da Hijikata e Koch. “Night’s Highest Noon” appare infatti un caleidoscopio di impulsi sonori ed evocazioni arcane, al contempo incalzante e straniante, come a sottolineare il legame intrinseco tra essere umano ed emissione sonora, trascendente in sé e trascendente tempi, luoghi e culture.