LOU RICHARDS – Good Woman E.P.
(Black Robin, 2018)

Una voce capace di incantare, toccando corde profonde, torna a riempire di sé lo spazio di una stanza, accompagnata dalle esili vibrazioni di un picking acustico dalle stillate risonanze; la voce è quella di Lou Richards, che per la prima volta si libra solitaria, fuori dall’alveo del duo Red Trees, condiviso con il compagno Chris Beckett lungo il corso di quattro Ep e di un album (“Give Love”, 2015), di ovattata magia.

Non meno ovattati sono i toni e le atmosfere che circondano i sei brani del suo primo Ep “Good Woman”, che tuttavia rappresentano il portato di significativi cambiamenti che hanno riguardato Lou nell’ultimo triennio, sotto il profilo personale e artistico. Il secondo rispecchia fedelmente il primo, come d’abitudine per una musicista che nelle proprie canzoni rifonde l’esplicitazione di una sensibilità umana che del resto traspare nel naturale, palpitante understatement che le circonda.

Nell’occasione, Lou è supportata da parte di Bruno Merz che, rimasto affascinato dalla sua voce durante un evento dal vivo di un paio d’anni fa, ha prodotto e registrato l’Ep, aggiungendo con estrema discrezione ulteriori filigrane acustiche al suo delicatissimo picking e alle sete preziose delle sue interpretazioni.

Le canzoni raccolte in “Good Woman” risalgono a un paio di anni fa, quando Lou stava per dare alla luce la sua prima figlia, e proprio per questo evidenziano all’ennesima potenza la grazia tutta femminile del suo songwriting, applicato a un diario di storie ed emozioni strettamente personali, proiettate all’armonia con l’ecosistema circostante e accomunate dal tema delle transizioni naturali. Così, sul fragile equilibrio tra ambiente esteriore e dimensione emotiva individuale assumono diafana consistenza le canzoni di Lou Richards, radicate in un trasognato intimismo folk, i cui tempi dilatati lasciano spazio alle sue ireniche armonizzazioni.

Nella concisione dei suoi appena venti minuti, l’Ep consente dunque di ritrovare una voce capace di magie ultraterrene e una sensibilità spontaneamente umbratile, il cui respiro non resta confinato tra quattro mura, bensì abbraccia evocativi orizzonti naturali.

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