JUNKBOY – Trains, Trees, Topophilia
(Fretsore, 2019)
Confermando la loro abitudine a seguire tempi produttivi dilatati, Mik e Rich Hanscomb tornano a manifestare la propria eclettica creatura Junkboy per la sesta volta in due decenni di attività e a cinque anni di distanza dal precedente “Sovereign Sky”. Come capita puntualmente per ogni loro disco, anche “Trains, Trees, Topophilia” regala la curiosità di scoprire le derive intraprese dal duo inglese, che in passato ha variamente spaziato tra post-rock e psichedelia, tra folk ed elettronica, mantenendo sempre quale filo conduttore un’estrema cura dei ceselli melodici applicati a contesti tra loro così diversi.
Si tratta appunto del medesimo elemento da subito evidente al primo approccio con i dodici brani strumentali che formano il nuovo album, sul cui contenuto offrono già eloquenti indizi titolo e copertina. L’ispirazione del lavoro discende infatti da una galleria di ricordi, sensazioni e paesaggi legati alla natura e ai suoi cicli stagionali, idealmente raffigurati con un cromatismo tanto semplice e delicato quanto al tempo stesso vividamente brillante. Analogamente all’immagine di copertina, l’incantevole itinerario sonoro tracciato dai brani si svolge come una galleria di acquerelli, realizzati con lievi pennellate acustiche e arrangiamenti avvolgenti.
Attraverso questi mezzi, i fratelli Hanscomb definiscono un lessico pop che spazia da contemplazioni campestri dalle languide sfumature estive ad aperture cameristiche, che attraverso eleganti loop armonici donano luminosa ampiezza alla rigenerante freschezza di una sequenza di brani dal sognante gusto di colonna sonora. Sospeso tra l’irenica dolcezza e la sottile malinconia di memorie e immagini appartenenti a un altrove spazio-temporali, “Trains, Trees, Topophilia” regala così quaranta godibilissimi minuti di un visionario folk orchestrale, frutto di un equilibrio elettro-acustico che non necessita di parole per esplicitare la propria cristallina attitudine pop.