JAMES BLACKSHAW – Love Is The Plan, The Plan Is Death
(Important, 2012)

Giunto al nono album nel corso di un’attività ancora relativamente breve, James Blackshaw mostra da tempo di non voler limitare il proprio profilo a quello di virtuoso del fingerpicking. Le aperture pianistiche di “The Glass Bead Game” e gli intricati incastri delle dodici corde contenuti in “All Is Falling” ricorrono in parte anche nel nuovo “Love Is The Plan, The Plan Is Death”, disco ispirato nei titoli alle storie fantastiche di James Tiptree Jr. e registrato a Chicago con l’assistenza tecnica di Andrew Hernandez, già al lavoro con i Balmorhea.

Rispetto ai dischi che lo hanno preceduto, “Love Is The Plan, The Plan Is Death” presenta da un lato un ritorno ad arabeschi acustici accuratamente costruiti sul piano formale ma piuttosto tiepidi dal punto di vista del contenuto emozionale, mentre dall’altro conferma la volontà del chitarrista inglese di espandere la propria espressione cimentandosi con ulteriori strumenti e persino tentando la via della canzone. Così, accanto al riecheggiare delle note create dalla danza delle dita sulle corde della chitarra, ecco affacciarsi timide note d’organo o di vibrafono, oltre alle ormai abituali partiture pianistiche, nelle quali ancora una volta Blackshaw dimostra di lasciarsi andare a un’immediatezza raramente raggiunta dalle sue compunte trame chitarristiche.

È quel che avviene nella fragile melodia della conclusiva “The Snows Are Melted, The Snows Are Gone” e nell’unico brano cantato del disco, “And I Have Come Upon This Place By Lost Ways”, al quale l’interpretazione di Geneviève Beaulieu (Menace Ruine) aggiunge un pathos dalle sfumature austere e vagamente goticheggianti.
Non si può certo prevedere se si tratti di un episodio isolato o di un’indicazione per le future avventure sonore del chitarrista londinese, ma sta di fatto che anche da “Love Is The Plan, The Plan Is Death” si ricava con evidenza la sensazione di un artista alla ricerca di una più articolata dimensione espressiva. Il percorso non può ancora dirsi compiuto, ma la sostanziale calligrafia delle sonate per sola chitarra o quasi lascia intendere che l’itinerario da perseguire sia piuttosto quello della variazione e dell’ampliamento della formula sonora originaria.


http://www.jamesblackshaw.com/

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