IACAMPO – Valetudo
(Urtovox, 2012)
Nello scorcio finale dell’anno, Urtovox ha piazzato un’accoppiata di dischi italiani che ben poco hanno a che fare con i cliché della scena nazionale, per stile e autonomia realizzativa, oltre che per una netta presa di distanze dalla fugacità di facili mode indipendenti e dall’artata predisposizioni di colpi ad effetto, più o meno intellettualoidi, che non colpiscono di certe le orecchie più smaliziate.
Queste le conclusioni che possono trarsi dalla pubblicazione, quasi in contemporanea con il secondo lavoro di Mimes Of Wine, di quello di Marco Iacampo, cantautore veneziano già alla guida degli Elle e sotto le vesti di Goodmorningboy, che per i suoi nuovi undici brani ha scelto una di ridurre all’osso tanto la denominazione (con l’elisione del nome di battesimo) quanto la formula sonora.
Quasi solo chitarra acustica e voce sono infatti gli ingredienti alla base di “Valetudo”, disco lieve, privo di pretese e proprio per questo spontaneo nella sua freschezza espressiva. Intimista ma non dimesso in maniera autocompiaciuto, melodico ma niente affatto superficiale, lavoro che narra storie semplici, sovente dotate di una delicata base sentimentale, con una vena a tratti persino sottilmente ironica, espressa talora anche in un gusto dell’allitterazione che denota un’accurata ricerca lessicale.
Benché l’atteggiamento di Iacampo sia molto meno teatrale e non-sense, ai recenti (ri)scopritori della canzone d’autore italiana potrà balzare alla mente il Dente più pacato e confidenziale (la sensazione immediata del brillante incipit “Mondonuovo” e di “Tanti no, un solo sì”), mentre le radici le sue radici affondano nella tradizione dei Lauzi o dei Graziani.
Al di là dell’inevitabile e oziosa ricerca di collegamenti e ascendenze, Iacampo denota un’ottima personalità e non banali doti di scrittura, sulle quali probabilmente influisce l’esperienza, che ne ha prodotto un graduale affinamento. Il suo morbido timbro vocale completa infatti con adeguata misura accordi acustici ovattati ma al tempo stesso caldi e briosi, che coniugano la dimensione raccolta di brani quali “Un’elica” o “Amore addormentato” con i profumi latineggianti di “Amore in ogni dove” (con tanto di picking degno di uno José González) e con i languori romantici di “Gli inverni non mi cambieranno più”, con tanto di sinuoso arrangiamento d’archi.
Così, sommessamente, le canzoni di Iacampo, dotate della non comune qualità di essere semplici e sentite, scorrono con lenta fluidità per tutto il corso di un album lieve come una brezza, che può sorprendere per la capacità delle sue melodie di rimanere impresse e suscitare rinnovati ascolti, magari sotto un grigio cielo invernale o accanto a un caminetto, per preziosi momenti di quiete e calore.