RIO EN MEDIO – Peace Sequence
(Women’s Work, 2012)
Quando Devendra Banhart veniva elevato a icona del rinnovamento del folk statunitense, le attenzioni della critica su più vasta scala avevano lambito anche musicisti a lui in qualche modo legati, o anche distanti almeno un grado di separazione. Così, i riflessi della sua fama avevano illuminato i Vetiver e, in maniera più fioca, Danielle Stech-Homsy, alias Rio En Medio, che con la band di Andy Cabic aveva collaborato, oltre ad aver condiviso il palco con artisti quali lo stesso Banhart, Cocorosie e Grizzly Bear, nonché con le “matriarche” Linda Perhacs e Vashti Bunyan.
Affievolitosi l’interesse generale per il “nuovo movimento folk” (??), anche il progetto Rio En Medio è scivolato un po’ ai margini, dopo il celebrato “The Bride Of Dynamite” (2006) e il successivo “Frontier” (2009). Così, oggi l’artista originaria del New Mexico torna con il suo terzo album ufficiale, pubblicato dalla piccola etichetta Womens Work Recordings, nel quale sono racchiusi nove viaggi sonori di folk etereo e sognante.
In bilico tra tradizione e ricerca sonora, in “Peace Sequence” Danielle Stech-Homsy riduce all’essenza la sua personale interpretazione dell’ascetismo folk, accostando alla sua voce incantata le sparse note di un ukulele le ipnotiche iterazioni dell’harmonium, ma anche impalpabili folate sintetiche e qualche field recording.
Le atmosfere che ne risultano, al tempo stesso dolci e stranianti, sono completate dalle trasognate evocazioni delle interpretazioni, che inducono uno stato di trance psichedelica lieve e dolcissima. Così, mentre brani quali “Do You Hear?” e “Peace” lasciano trasparire un’anima folk affine a quella della Marissa Nadler più trasognata, le carezze delle conclusive “For The Living” (oltre sette minuti) e “Storykeepers” da un lato e le visionarie rarefazioni di “Lady Leaf Paradise” dall’altro, inclinano rispettivamente alle suadenti dolcezze della musa Hope Sandoval e a torsioni ambient-psych costellate di crepitanti frammenti sonori.
Ulteriore peculiarità “esotica” la presenza del koto suonato dalla collega d’etichetta Shoto Hikage, che aggiunge grazia e mistero alla già arcana aura che circonda l’intero disco.
Poesia, astrazione e capacità di narrare sogni ad occhi aperti rendono insomma “Peace Sequence” un album di incantato dream-folk dalle sfumature acide e, in qualche misura, sperimentali. Sarebbe un peccato se l’opera più affascinante e compiuta di Rio En Medio fosse trascurata soltanto perché le luci della ribalta si sono spostate dalle molteplici declinazioni del folk verso altri lidi.