david_wenngren_les_revenantsDAVID WENNGREN – Les Revenants
(Self Released, 2013)

Dopo anni trascorsi a cesellare miniature di experimental piano music – principalmente sotto le denominazione di Library Tapes – da qualche tempo David Wenngren sta ampliando la sua sfera espressiva in particolare verso sperimentali territori di manipolazione elettronica, che adesso più che mai giustificano la scelta di pubblicare alcuni lavori utilizzando semplicemente il suo nome proprio.

A ben vedere, un punto di svolta potrebbe riscontrarsi nella (trascurata) collaborazione che lo aveva visto accanto a Kane Ikin (“Strangers”, 2012), nella quale drone chitarristici e modulazioni dalla densa grana sonora prendevano deciso sopravvento su gran parte di quanto realizzato fino a quel momento dall’artista svedese. Significative conferme della transizione espressiva di Wenngren si ritrovano nei tre quarti d’ora di “Les Revenants”, ripartiti in due lunghe parti prive di ulteriori denominazioni e finora pubblicati esclusivamente in formato digitale tramite la sua pagina Bandcamp.

Pur non abbandonando del tutto la propria vocazione neoclassica, Wenngren la applica adesso soltanto in funzione di respiro latamente orchestrale di feedback che oltrepassano sovente la soglia del rumore. Mentre la prima parte (diciotto minuti), introdotta da subito da un’abrasiva patina di distorsioni, presenta un’evoluzione incrementale nella quale, al progressivo stratificarsi di loop elettrici filtrati, corrispondono rilanci moderatamente armonici, che donano al brano un certo respiro, gli oltre ventisette minuti della seconda sono attraversati per quasi tutta la loro durata da una lancinante saturazione di rumore, che solo nella parte finale sembra aprirsi a una qualche variazione di ampiezza e acutezza.

Si tratta, dunque, di un deciso (e forse definitivo) scostamento dell’artista svedese dall’abituale neoclassicismo pianistico di Library Tapes; tratto comune resta soltanto il minimalismo espressivo, adesso tuttavia applicato a un magma incandescente che lo avvicina piuttosto alle ardite elucubrazioni chitarristiche di Aidan Baker e affini. L’impatto con un cambiamento di tale portata può risultare disorientante, addirittura respingente in virtù di come Wenngren sembri averlo voluto portare da subito a conseguenza alquanto estreme.

http://librarytapes.com/

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