darren_hayman_short_parliament_bugbearsDARREN HAYMAN & THE SHORT PARLIAMENT – Bugbears 
(Fika Recordings, 2013)

La trilogia dedicata da Darren Hayman al recupero della storia (e delle storie) del suo Essex si è conclusa lo scorso autunno con lo splendido “The Violence”, ispirato dalla caccia alle streghe nel corso della guerra civile del XVII secolo.
L’occhio attento del ricercatore che ha animato l’ex leader degli Hefner in occasione di questo percorso di ricostruzione storico-sociale non si è tuttavia limitato a elaborare spunti di ispirazione, spingendosi invece a un più approfondito studio, che nel “capitolo di appendice” “Bugbears” travalica la ricostruzione di personaggi ed eventi per dedicarsi invece al recupero della tradizione dell’epoca; lo fa, ovviamente, secondo il linguaggio prediletto da Hayman, quello della musica “popolare”, in quell’accezione originaria che dai cantastorie folk si è gradualmente estesa al significato odierno.

In “Bugbears”, infatti, Hayman e la band nuovamente ridenominata (che per l’occasione comprende tra gli altri David Tattersall di The Wave Pictures e Bill Botting degli Allo Darlin’) raccolgono, reinterpretandole, quattordici canzoni del XVII secolo, attraverso le quali forniscono una prospettiva diversa, “dal basso” e quindi tutt’altro che accademica, del periodo storico al quale anche il precedente lavoro era ispirato. Lo fanno, ancora una volta, attraverso una sensibilità volta tanto a mantenere lo spirito polveroso dei secoli trascorsi quanto a farne rivivere i significati, declinati secondo un raffinato piglio pop attuale.

Eppure, nonostante la scorrevole levità melodica della title track o il vibrante tono nostalgico di “I Live Not Where I Love”, nessuno dei brani così rimaneggiati si presterebbe facilmente a passaggi radiofonici, tanto per la parziale desuetudine degli argomenti prevalenti (militareschi, alcolici, di fratellanza civile) quanto per la seria profondità dell’approccio estetico-culturale di Hayman alla tradizione folk britannica. Sono infatti tutt’altro che superficiali suadenti ballate acustiche quali “Hey Then Up We Go” e “Old England Grown New”, mentre temi quali gli intrighi femminili di “Seven Months Married” e le preclusioni di accesso a Westminster elencate in “Impossibilities” possono facilmente restare distanti dalla sensibilità attuale.

Eppure, per un pubblico più smaliziato e maturo, gli arrangiamenti ineccepibili, la pregevole varietà di soluzioni a prevalenza acustica ma non aliene da divagazioni talora curiose (il passo country di “Babylon Has Fallen”, l’assolo elettrico di “Hey Then Up We Go”) e soprattutto la colta naturalezza melodica di Hayman non possono che confermarne le ormai consolidate doti di “compositore folk”, che in “Bugbears” si è cimentato con successo in una narrazione forse meno immediata rispetto ai tre capitoli della trilogia ma senza dubbio rispondente al significato più pienamente “popolare” del cantare storie in musica, oggi come tre secoli fa.


http://www.hefnet.com/

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