SIMON BAINTON – Visiting Tides
(Hibernate, 2013)
Metà del duo Pausal (due pregevoli album su Barge nell’ultimo triennio), Simon Bainton per il suo primo lavoro sulla lunga distanza ha tratto ispirazione dall’osservazione dell’ambiente costiero del Galles e dell’Inghilterra sud-occidentale, provando a catturarne il fragile equilibrio in suono.
A tal fine, oltre a una serie di impalpabili field recordings deputati a rappresentare vento, aria e acqua, si è servito di una strumentazione acustico-cameristica comprendente pianoforte, chitarra, flauto e armonica, oltre al violoncello di Danny Norbury, in seguito sottoposta a un processo di filtraggio sintetico tanto accurato quanto poco invasivo. Le sette tracce risultanti, ciascuna intitolata con il nome di uno dei luoghi attraversati, lasciano infatti trasparire strutture armoniche avvolte in una quiete diafana nella prima parte del lavoro e in ariose aperture droniche nella seconda.
Così, le rade note pianistiche di “Porlock” e le tremule trasfigurazioni di archi di “Ruffydd” impostano un’ambience calma e morbidamente ipnotica, mentre nella più lunga “Tankah” si dipanano stratificazioni luminose, come abbaglianti riverberi sulla superficie del mare, infine increspate in echi distorti nella conclusiva “Haven”.
Nel descrivere in suono le tappe del suo itinerario naturalistico, Simon Bainton ha condensato nei quaranta minuti di “Visiting Tides” un’ideale guida a un’osservazione rapita, da introiettare sotto forma di sensazioni mutevoli come le maree, veicolate da un altrettanto vario impianto strumentale di base.