TAKESHI NISHIMOTO – Lavandula
(Sonic Pieces, 2013)
La luce evanescente di fine estate, i colori che sfumano morbidi in una countryside carezzata dai raggi solari, contemplata con sguardo languido e resa con fragile grazia tutta orientale: è questo l’immaginario evocato da “Lavandula”, opera seconda del chitarrista Takeshi Nishimoto.
Sarebbe infatti riduttivo considerare i sette brani del lavoro semplice prodotto di un solitario fingerpicking acustico, perché nelle loro pieghe si percepisce non soltanto il tratto originario dell’artista giapponese bensì soprattutto una tensione alla creazione di paesaggi sonori incantati e decisamente più articolati rispetto a quelli del solo virtuosismo esecutivo derivante dalla sua formazione classica. Benché appunto incentrate quasi esclusivamente sulla chitarra, le composizioni raccolte in “Lavandula” spaziano dal tepore danzante dell’iniziale “Late Summer Early Autumn” e dalle segmentazioni jazzy di “Tone Water” a pièce invece dominate da rarefazioni atmosferiche (“Remembrance”, “Straßenlaterne”), la cui ambience impalpabile è appena ingentilita da ricami acustici, parte integrante di un paesaggismo sonoro dai tratti sfumati.
L’equilibrata convivenza tra elementi sviluppata da Nishimoto reca con sé tracce evidenti di suggestioni gentilmente fiorite, i cui tenui colori pastello rimandano ad arti ed iconografie tipicamente giapponesi, a differenza di altre consimili formulazioni del soundscaping incentrato sul picking chitarristico – ad esempio quella di Danny Paul Grody – invece provviste di contorni definiti da un caldo chiarore desertico. “Lavandula” risulta dunque un itinerario parimenti fedele alle radici del suo autore e tuttavia aperto a linguaggi altrimenti propri della tradizione dei solitari sciamani della chitarra americani, da assaporare in completo abbandono al rapido mutare della stagione.