PAUSAL – Sky Margin
(Own, 2013)
Reduce dalla divagazione naturalistica dal sapore salmastro del suo album solista “Visiting Tides”, Simon Bainton rinnova il sodalizio con Alex Smalley in Pausal per il terzo capitolo delle loro visionarie esplorazioni elettro-acustiche. A differenza di quanto avvenuto col precedente “Forms” (2012), in “Sky Margin” il duo ritorna all’evanescente ispirazione concettuale del primo “Lapses” (2010) per modulare una policromia ipnotica, svolta attraverso progressive sovrapposizioni di onde sonore che sfumano gentilmente l’una nell’altra, inducendo uno stato di rapita quiete atmosferica.
Non a caso il brano di apertura della breve (poco più di mezz’ora) parabola di “Sky Margin” si intitola “Vapour” e i suoi nemmeno tre minuti sono già sufficienti per stabilire la traccia lungo la quale correrà l’intero lavoro, quella di soffici nuvole di drone che filtrano una distante luce stellare, restituendola scomposta in riflessi di coinvolgente meraviglia. La densa coltre ambientale non reca con sé nulla di tenebroso, ma pure visioni celestiali, che si aprono a sinfonie sintetiche saltuariamente puntellate da note di base percettibili, come nel caso di “Balance”, e più spesso lasciate libere di seguire un ideale percorso materico, evaporando verso spazi infiniti in crescendo di frequenze graduali ma inesorabili (“Celestial”, “Solstice”).
L’ispirazione concettuale, evidente anche nei titoli dei brani, trova in “Sky Margin” una maestosa traduzione sonora, peraltro dotata dell’ulteriore pregio della concisione, in grado di lasciar fluttuare corpi e menti oltre l’orizzonte, verso una dimensione onirica nella quale l’aria assume le consistenze e i colori di un sogno.