JANEK SCHAEFER – Lay-by Lullaby
(12k, 2014)
Un viaggio di settantatre minuti ai confini della percezione, che muove da fonti concrete per sconfinare in frequenze subliminali: questa, in estrema sintesi, l’essenza di “Lay-by Lullaby”, lavoro che Janek Schaefer ha concepito per un’installazione in occasione di una sua performance londinese dello scorso anno, improntato a un’estetica e a un contenuto concettuale “on the road”.
Dalla strada – precisamente sull’estrema propaggine dell’autostrada M3 a ovest di Londra – provengono appunto i field recordings distinguibili nel brano d’apertura e dai quali è caratterizzato l’intero lavoro. Nelle sue dodici tracce, tutte intitolate a frequenze radiofoniche progressive da 101 a 112 (quindi oltre l’estensione reale della modulazione di frequenza), il senso di transeunte temporaneità del traffico stradale si trasforma in texture di fondo rielaborata in un flusso costante di basse timbriche ipnotiche.
Sull’uniformità di base, che spesso lambisce i confini stessi della percezione, Schaefer innesta altrettanto minimali impulsi di synth analogici, sparute increspature dinamiche e inaspettate quanto moderate aperture di un’orchestralità altrimenti idealmente avvinta in un torpore scosso appena dagli iterativi rumori d’ambiente. Si tratta, tuttavia, soltanto di minimali mutazioni dell’esile narcolessia che percorre il lavoro e che, proprio nella sua parte finale, si accentua in rarefazioni che inducono a una quiete risonante e riflessiva. Il contenuto descrittivo-cinematico di “Lay-by Lullaby” si sovrappone così all’idea concettuale di partenza, sviluppata secondo una modalità “hauntologica” che rispecchia fedelmente il titolo dell’album, inducendo un persistente stato di trance.