EZZA ROSE – Poolside
(Self Released, 2014)
Tra tutte le particolari ambientazioni possibili per la realizzazione di un disco, quella di una piscina abbandonata è probabilmente appannaggio della sola Ezza Rose. Proprio in quel contesto, reso ancor più desolato dall’orario notturno prescelto per le registrazioni, ha preso forma il terzo disco della cantautrice di Portland, da lei stessa tuttavia considerato a tutti gli effetti il primo in un’accezione solista, ai margini della dimensione di band del suo progetto artistico.
Le undici canzoni del disco, non a caso intitolato “Poolside” vedono infatti la Rose misurarsi soltanto con le corde della sua chitarra o dell’ukulele, le cui note danzano insieme alla sua voce nell’ambiente ampio, spoglio e freddo della piscina. Oltre a qualche rumore accidentale, nel lavoro si percepisce infatti distintamente un senso di ampiezza, che insieme a melodie delicate e scarne creano un’atmosfera surreale, nella quale lo stesso spazio vuoto funge da cassa armonica in grado di far risuonare ogni piccola eco, ogni vibrazione dei brani interpretati e così catturati in presa diretta.
La magia che ne risulta denota all’inizio un fascino quasi timido (l’incipit “Compassion For The Thief”), ma ben presto Ezza Rose mostra di prendere confidenza con l’originale contesto, tanto da dispensare dolcezze sognanti e misteriose (“Loving And Dreaming”, “Clowns”) al pari di quadretti di classico western-folk (“Baby Blue”, “Trigger”). Sono questi ultimi, insieme all’acuta torsione gospel di “Tie Me Up”, i passaggi dalle dinamiche più ricche, ma anche quelli che spezzano il raccoglimento estatico e la concentrazione dell’artista nel presentarsi in un formato così spoglio.
L’essenza più immediatamente incantevole di “Poolside” risiede infatti proprio nella magnifica solitudine e nella spontaneità espressiva di brani la cui morbida consistenza umbratile non è una semplice suggestione, bensì parte integrante della modalità con la quale sono stati impressi su disco. Per una volta i detrattori del cantautorato più intimo ed essenziale non potranno usare il cliché della cameretta, poiché la “Poolside” di Ezza Rose è luogo ben più ampio e asettico, a dimostrazione di come a fare la differenza siano ispirazione e carica sentimentale, elementi dei quali questo lavoro è molto ben fornito.