MILQUETOAST – Good Grief
(Self Released, 2014)
Un pubblico ormai sempre più vasto l’ha sicuramente ascoltata in qualità di seconda voce sull’ultimo disco di Barzin, oppure l’ha vista dal vivo accanto al cantautore canadese, che ha accompagnato nel corso del suo recente lungo tour europeo. Amy Manusov non è tuttavia soltanto una valida spalla nonché un adeguato complemento della palpitante introspezione del più noto connazionale, ma anche e soprattutto artefice di proprio autonomo progetto artistico a nome Milquetoast.
Le cinque tracce di “Good Grief” ne rappresentano la prima testimonianza discografica, dopo un album casalingo omonimo reso disponibile in formato digitale all’inizio dello scorso anno. In poco più di venti minuti, la chitarrista canadese offre una fedele rassegna dell’ampiezza del suo spettro espressivo, mostrandosi capace di spunti da ragazza rock nella stessa misura in cui intesse, invece, trame di riverberi soffici e rallentati, sulle quali la sua voce vellutata si muove asciutta e suadente.
Se infatti da un lato l’iniziale “Failing” stabilisce da subito un legame con gli spigoli agrodolci di Tara Jane O’Neil e “Negative Capability” accelera i tempi di rilanci lievemente distorti che costruiscono il profilo della canzone dalla struttura più organica del lotto. È tuttavia nelle sinuose dissolvenze di “Kind Of Light” e nelle sospensioni della conclusiva “Far Away, In Between” che la Manusov si dimostra tanto interprete sognante quanto attenta dispensatrice di riverberi e scarni arpeggi.
Benché l’atmosfera raccolta e le cadenze rallentate finiscano per rimandare ad alcuni degli elementi espressivi essenziali di Barzin, sarebbe riduttivo collocare Amy Manusov in maniera troppo netta nel cono d’ombra del sodale, poiché da “Good Grief” si può già ricavare il profilo di un’artista dotata di un proprio profilo espressivo, particolarmente apprezzabile nei suoi aspetti più evanescenti, incantati e narcolettici.