TARA JANE O’NEIL – Where Shine New Lights
(Kranky, 2014)
Nei vent’anni che oggi la separano dall’esperienza dei Rodan, Tara Jane O’Neil ha mutato spesso pelle, attraversando le lentezze di Sonora Pine e Retsin e infine ritagliandosi una propria dimensione di “ragazza con la chitarra elettrica” abituata a dosare lentamente ogni nota ma mai del tutto aliena alle asperità e alle cadenze spezzate che ne avevano caratterizzato gli esordi.
Mentre il percorso recente dell’artista di Louisville sembrava attestarla su un formato cantautorale più organico, ancorché sempre percorso da lentezze inquiete e saltuari spigoli, i cinque anni intercorsi dal precedente “A Ways Away” la restituiscono alla ricerca di rinnovate astrazioni attraverso le quali sublimare la propria personalissima ricerca sonora.
In “Where Shine New Lights” svanisce infatti ogni retaggio di dissonanza, così come il già scheletrico folk accennato nei dischi precedente si dissolve in evanescenze vaporose, che avvolgono l’ipnotico cantato della O’Neil, spesso ridotto alla stregua di semplici vocalizzi. Si tratta dunque di una significativa trasformazione, pur nel segno di una coerente linea evolutiva, palesata fin dal titolo del disco e dalla pubblicazione da parte di Kranky, che induce una spontanea analogia con la collega d’etichetta Grouper. Affini paiono infatti, fin dalla breve intro, i paesaggi nebbiosi e rarefatti, costituiti da densi soffi ambientali in movimento lento ma costante, sui quali la voce della O’Neil si adagia languida e spettrale, più spesso in funzione di ulteriore complemento d’atmosfera che non quale guida di vere e proprie canzoni. Anzi, anche quando i brani assumono strutture più organiche (la narcolettica ballata “Elemental Finding” e l’ovattata ninnananna “The Lull The Going”) i loro contorni si mantengono sfumati e ipnoticamente indefiniti.
Mentre guarda all’essenza primigenia della sua scrittura (il lento incedere di “This Morning Glory” potrebbe essere quello di un brano dei tempi di Retsin), l’artista di Louisville prova da un lato a espandere i tratti più eterei e impalpabili del suo suono, sublimati nell’accoppiata “The Signal, Wind”-“The Signal, Lift”, e dall’altro evidenzia una certa curiosità per un ulteriori campi di ricerca che oltre al drone-folk aleggiante lungo tutto il disco include le sfumature ritmiche riassunte nelle cadenze pulsanti dalle lontane reminiscenze etniche di “Over. Round, In A Room. Found.”.
Da “Where Shine New Lights” risulta così la sensazione di un’artista che, all’ottavo album solista, non ha smesso di sviluppare il proprio suono, fermi restandone i cardini di un’introspezione descritta attraverso tonalità fioche e ritmi indolenti, adesso riassunti in concise cartoline costellate da evanescenze drone-folk che a Tara Jane O’Neil sembrano davvero dischiudere nuove strade avvolte in un chiarore diffuso.