PALE LIGHTS – Before There Were Pictures
(Calico Cat, 2014)
Brezze frizzanti e sottile malinconia, cuori spezzati e chitarre jangly: gli ingredienti della formula del perfetto indie-pop ci sono tutti in “Before There Were Pictures” primo album dei newyorkesi Pale Lights, band formatasi intorno a Philip Sutton (già nei Comet Gain e nei Projects) che, dopo la defezione di alcuni dei membri della sua ultima band The Soft City, ha raccolto intorno a sé altri tre musicisti, tra i quali Andy Adler dei Crystal Stilts.
Sono nati così i Pale Lights, progetto che dopo l’estemporaneo Ep omonimo risalente a due anni fa mostra quindi continuità in una vivace mezz’ora che riassume non solo l’essenza del pop d’autore che guarda con rispetto la tradizione inglese a cavallo tra anni ’80 e ’90, ma ne incarnano una delle manifestazioni più ispirate e genuine nella recente temperie di riscoperta di quei suoni e di quell’attitudine.
È proprio quest’ultima a colpire nelle dieci agili tracce di un lavoro che fin dall’iniziale “Another Broken Heart” assesta un colpo da k.o., mettendo subito in chiaro le fascinazioni estetiche della band, la scorrevolezza delle melodie e la stessa eleganza vagamente decadente delle interpretazioni di Sutton, il tutto muovendo da una tematica indie-pop per eccellenza.
C’è tutto il culto per la Sarah Records e per l’uggiosità agrodolce del Dunedin Sound in “Before There Were Pictures”, così come la lieve indole pop di canzoni che corrono spensierate su chitarre cristalline e ritmiche vivaci attingendo da una pluralità di modelli ma senza mai appiattirsi su una mera emulazione formale. Vi è, invece, tanta passione e sentimento nell’abilità della band di pennellare quadretti melodici dalle tinte pastello ma mantenuti ben distanti dalla stucchevolezza dal loro passo svelto e dalla sequenza di possibili affinità elettive che va dai Felt agli Strangelove, fino ai contemporanei Cats On Fire o Butcher Boy, ai quali ultimi è quasi impossibile non pensare, in particolare di fronte al timbro basso e all’andamento caracollante di “These Things Happen”.
Al di là del gioco dei riferimenti, in questo caso utile se non altro ad attestare una continuità con l’inesauribile linfa dell’indie-pop, la sequenza di canzoni da tre minuti di “Before There Were Pictures” costituisce una godibilissima collezione di cartoline piacevolmente sfocate, come i ricordi di un’estate sospesa nei ricordi, in una dimensione che, proprio come l’attitudine pop, travalica tempi e spazi. I Pale Lights sono qui e oggi, a New York, come sarebbero potuti essere in qualche cittadina industriale inglese di trent’anni fa: quello che per qualcuno potrebbe trattarsi di un limite, è invece proprio un attestato di eccellenza per qualsiasi inguaribile appassionato di un indie-pop orgogliosamente di retroguardia, ma animato da spirito autentico e preziosa capacità di scrittura.
Non stupitevi se vi sorprenderete a canticchiare sulle spiagge qualcuna tra le varie “Manhattan”, “Port Of Shadows”, “Only An Ocean”e “The Night Tells No Lies”: “Before There Were Pictures” è il perfetto disco indie-pop per l’estate, e non solo.