FIRST AID KIT – Stay Gold
(Columbia, 2014)
D’accordo, le ragazzine svedesi che, ancora sulla soglia della maggiore età, avevano destato incuriosite attenzioni nel composito universo indie-folk sono cresciute. E non poco, in una parabola che il loro debutto “The Big Black And The Blue” (2010) lasciava già intravedere: in quattro anni hanno commosso Patti Smith cantando la sua “Dancing Barefoot”, in un video che ha girato il globo, e pubblicato un secondo disco (“The Lion’s Roar”, 2012) nel segno di una consapevolezza folk di stampo classico, probabilmente fin troppo esaltata in ambito indipendente e non.
Da allora, da un lato si sono affacciate alla scena altre adolescenti-prodigio (dalle Pascal Pinon a Lily & Madeleine, fino alla recentissima Billie Marten), mentre dall’altro Johanna e Klara Söderberg, oltre a vivere un’effettiva maturazione, sono transitate a registri espressivi precocemente adulti, che il terzo lavoro “Stay Gold” consacra in contorni patinati, che dell’impronta folk conservano soltanto gli intrecci vocali e un’estetica hippy-chic accuratamente studiata.
Non è solo il passaggio a un’etichetta major, né la produzione di Mike Mogis, a indirizzare le dieci canzoni dell’album verso una dimensione mainstream, che voci e arrangiamenti impeccabili proiettano verso una fruizione da network commerciale dal target di mezza età piuttosto che a quella di un pubblico più prossimo all’età delle sorelle svedesi e coerente con la rinascita del folk a livello indipendente dell’ultimo decennio almeno. Le sorelle Söderberg e tutto quanto ormai le circonda puntano molto in alto, mettendo nel mirino senza mediazioni il revivalismo folk e rifacendosi esplicitamente a modelli quali Joni Mitchell e Grace Slick. È tutto molto rassicurante e – come direbbe un ultracinquantenne medio di fronte all’ennesimo replicante sanremese – “orecchiabile” e in “Stay Gold”, disco nel quale pure non mancano residue tracce folk (“Master Pretender” e la stessa title track) e ballate dall’immediato impatto radiofonico (“Cedar Lane”).
In fondo, le First Aid Kit non hanno fatto altro che confermare la confezione elegante del valido ma sopravvalutato “The Lion’s Roar”, rimuovendone lo strato di polvere con evidente minore convinzione nella scrittura: con ogni probabilità sarà più che sufficiente per ricoprire dell’oro del titolo le due ragazze e proiettarle verso quella parte di mercato pop mainstream che prende a spunto le cantautrici degli anni ’60-’70. Età, doti interpretative e avvenenza le aiuteranno senz’altro ma, ecco, la vitalità dell’universo alt-folk di questi anni merita ben altri rappresentanti; anzi, in “Stay Gold” di folk (e di genuina ispirazione) c’è davvero poco.