mono_the_last_dawnMONO – The Last Dawn / Rays Of Darkness
(Temporary Residence, 2014)

Le origini del post-rock “orchestrale” sono state fortemente caratterizzate dalla compresenza di elementi contrastanti: calma e tempesta, tormento ed estasi, romanticismo e violenza, hanno trovato di frequente fedele traduzione in abbracci cameristici e fragorose detonazioni distorte.
A tale medesimo schema volto alla coniugazione di antitesi, peraltro profondamente radicato nella cultura orientale, è consacrata la stessa struttura realizzativa prescelta dai Mono – tra gli ultimi alfieri di quella temperie artistica – per la loro nuova opera, che segue di ben cinque anni il precedente album vero e proprio, “Hymn To The Immortal Wind”. Non si tratta di un album doppio, ma di due lavori separati, ancorché chiaramente riconducibili a unità, per motivi che travalicano il semplice dato contingente della loro pubblicazione in contemporanea.

Il chiarore di un’alba apocalittica e la potenza di raggi di tenebra convivono nell’accoppiata “The Last Dawn”-“Rays Of Darkness”, gemelli eterozigoti che insieme formano un travolgente itinerario sonoro di oltre ottanta minuti. Al di là dell’elemento concettuale, i due lavori sono tra loro strettamente interconnessi, per quanto ciascuno dotato di una propria impronta riconoscibile.

Le sei tracce di “The Last Dawn” mostrano la band giapponese alle prese con la sublimazione di quanto di più romantico realizzato nella sua carriera, non tanto sotto forma di dilatate parti profumate di neoclassicismo da camera, quanto piuttosto in quella di una materia sonora accuratamente distillata e avvolgente, in modulazioni ariose come non mai (“Katana”, “Elysian Castles”) e in crescendo gradualmente avvampanti (“Cyclone”). Qui sono soprattutto i timbri dei vortici chitarristici a plasmare la fisionomia delle lunghe composizioni, tanto che, se si eccettua il ruvido apice distorto di “Where We Begin”, a più riprese gli scheletri dei brani sono costituiti da evanescenze più imparentate con lo shoegaze che con le declinazioni più “pesanti” del post-rock.

mono_rays_of_darknessIl discorso, al pari della consistenza del dialogo tra chitarre e ritmiche, viene pressoché del tutto ribaltato nei quattro pezzi di “Rays Of Darkness”, che invece sviluppano le componenti più granitiche e roboanti della band giapponese. Con la sola eccezione di “Surrender”, che pure avanza con passo grave e cadenze secche, questa seconda faccia del lavoro presenta consistenza magmatica e a tratti abrasiva, a partire dal nervoso monolite di tredici minuti dell’apertura “Recoil, Ignite”, fino alla ragnatela distorsiva di “The Last Rays”, conclusione di un tour de force d’ascolto, arioso e cinematico nella prima parte, faticoso e claustrofobico nella seconda.

Sono le due facce dei Mono attuali, sempre capaci di alchimie coinvolgenti e ancora una volta credibili interpreti di un linguaggio sonoro che mantiene il proprio fascino suggestivo soprattutto laddove – come in particolare in “The Last Dawn” – riesce a reinventarsi nelle modalità compositive e nella rivelazione di ascendenze composite e sorprendenti.


http://www.monoofjapan.com/

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