TROTTING BEAR – Thread
(Self Released, 2014)
Con ogni probabilità, Andy Berkhout non risponde al profilo dell’artista capace di emergere nella sterminata platea di proposte cantautorali: troppo essenziale per incontrare il gusto indie-folk, troppo dimesso per incanalarsi nel filone più tradizionale dell’alt-country e forse anche troppo poco interessato a calare le proprie canzoni in atmosfere dilatate per sollecitare palati più sperimentali.
Eppure, il songwriter di St. Louis, Missouri, mente del progetto Trotting Bear è uno di quei tanti artigiani della canzone che, nell’universo delle auto-produzioni, continua a dispensare piccoli saggi di classe di scrittura e di delicatezza esecutiva sotto forma di una serie di album ed Ep distribuiti con cadenza regolare ormai da qualche anno.
C’è poco altro accanto al picking gentile e ai dolci sussurri di Berkhout, comunque regolarmente supportato da collaboratori che fanno assurgere Trotting Bear a vera e propria band, nonché dalla produzione di TW Walsh (già all’opera con David Bazan, Pernice Brothers e altri). È una band minimale e sonnolenta quella che ha contribuito alla realizzazione di “Thread”, raccolta la cui durata di mezz’ora si colloca a metà tra un album breve e un lungo Ep, formato da uno strumentale d’apertura (peraltro il pezzo più vivace del lotto) e sette canzoni intime e rilassate ma non per questo aliene da sensazioni atmosferiche e minimali rifiniture ritmiche e d’arrangiamento.
La penombra creativa di Berkhout possiede la capacità di definire immediatamente il mood del lavoro e il contesto nel quale si muovono le sue canzoni. Le pennellate acustiche di “Catherine”, “You Have Only Grown” e “Peace In The Still” (quest’ultima quasi un manifesto espressivo) trasudano candore e levità, corroborate da riflessive filigrane chitarristiche, in uno stile a metà tra Tamas Wells e Pickering Pick. Le sensazioni ariose e salmastre di “Open Port By The Sea” si aprono invece a complementi ritmici, che diventano persino vivaci nella successiva title track, aperta da risonanze pianistiche che, insieme agli avvolgenti archi della conclusiva “Reward” introducono ulteriori elementi nel registro espressivo di Trotting Bear, comunque autosufficiente già nel suo nucleo originario di chitarra e voce, formula semplice e perfetta per essere interpretata con la sensibilità di scrittura e la delicatezza realizzativa che costituiscono contenuto essenziale del piccolo mondo cantautorale senza tempo di Berkhout.