adrian_lane_branches_never_rememberADRIAN LANE – Branches Never Remember
(Preserved Sound, 2015)

Nel suo terzo lavoro, Adrian Lane prosegue l’intrigante percorso sonoro le cui tappe sono state rappresentate dal minimalismo pianistico del debutto “Lights Are Very Deceptive At Night” (2013) e nelle arcane meditazioni su desueti strumenti a corda (in particolare il salterio) di “The Answering Smile” (2014).

Disco dopo disco, il compositore inglese espande il raggio della propria ricerca sonora, che in “Branches Never Remember” trova appunto la conclusione di un’ideale trilogia, un provvisorio approdo dalla contestualizzazione di strumenti e linguaggi antichi con tecniche compositive moderne, che fanno tuttavia un limitatissimo ricorso all’elettronica. Nei quattordici brani che formano il lavoro si ritrovano infatti integralmente le doti di polistrumentista di Adrian Lane, nuovamente applicate in via principale al salterio, sia alto che baritono, suonato con l’archetto, ma calato in un continuo dialogo con pianoforte, glockenspiel, chitarra acustica, violino e altro ancora.

Ne risulta un universo sonoro mai così organico di filigrane armoniche, che si intersecano e sovrappongono con delicatezza, come pennellate successive che danno forma a immagini vivide; del resto, Lane è anche artista visuale, per cui la stratificazione dei suoni imposta dalla sua dimensione solitaria non differisce, in ultima istanza, dalla tecnica pittorica. Lungo i cinquanta minuti di “Branches Never Remember” è infatti dato cogliere una pluralità di layers, la cui stessa giustapposizione amplifica la modernità delle composizioni, senza disperderne l’immediatezza organica.

Un po’ come Colleen nel recente “Captain Of None”, Lane mira a conseguire una sensazione “elettronica” impiegando esclusivamente strumenti acustici; strumenti che dialogano a distanza, ricombinandosi e fondendosi in istantanee sonore sospese tra passato e presente, tra bozzetti medievali e spunti di minimalismo neoclassico, tra iterazioni ritualistiche e sentori di un obliquo chamber-folk.

Il ritrovato ruolo del pianoforte, il cui dialogo con gli strumenti a corda ricorre in almeno la metà dei brani di “Branches Never Remember”, aggiunge alle composizioni respiro armonico e una malinconia dimensione da camera, in bilico tra contemplazioni bucoliche e ambientazioni di stampo cinematico. Si direbbe che in tal modo Adrian Lane sia riuscito con successo a trarre la sintesi dei due lavori precedenti, coniugando ricerca ed emozione in una materia acustica viva, fragile, evocativa e in continua trasformazione, come un’opera d’arte che si osserva prendere forma.

http://adrianlane.bandcamp.com/

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