SARAH DAVACHI – Qualities Of Bodies Permanent
(Constellation Tatsu, 2015)
Lungo le due facciate della cassetta di “Qualities Of Bodies Permanent”, Sarah Davachi aggiunge una nuova dimensione alle sue esplorazioni acustico-analogiche: quella spaziale. Non si tratta di una mera suggestione concettuale, bensì di una ricerca applicata a uno spazio sonoro che a sua volta rispecchia una dimensione fisica, che sia reale, immaginaria o soltanto vagheggiata.
Quest’ultima si attaglia decisamente al mare lunare delle ombre (“Mare Imbrium”) al quale è dedicata la traccia d’apertura, tutta incentrata su loop e suoni analogici acuti; decisamente più austeri e ancorati a luoghi concreti sono le cartoline da “Praha” e “Geneva”, brani nei quali la tavolozza della sound artist canadese consegue un avvolgente equilibrio ambientale. È tuttavia la parte conclusiva del lavoro a rivelare l’essenza materica della musica della Davachi, riassunta nei quasi dieci minuti del brano-manifesto “Flowers And Other Voiceless Things”, tutto vibrazioni che ricavano drone modulati dal violoncello, e nel breve florilegio di soffi di flauto di “Codex”, tale da stabilire inevitabili collegamenti con i visionari puzzle acustici di Katie English, se non altro per la comunanza dello strumento.
I quasi cinquanta minuti di “Qualities Of Bodies Permanent” disegnano così un universo sonoro al tempo stesso semplice e straniante, visionario e tanto vicino da risultare tangibile, che attiva sinapsi inducendo alla curiosità della scoperta.