GALATI – Gletscher
(Tranquillo / Psychonavigation, 2015)
È ancora il viaggio, inteso quale ricerca del sé, la scintilla ispiratrice di Roberto Galati nella creazione di universi sonori sempre più improntati a un ascetismo in grado di avvicinare all’essenza del mondo immanente e a una trascendenza da vivere quale duratura esperienza percettiva. Non è più solo l’estremo Nord del predecessore “Mother”, ma un paesaggio altrettanto ghiacciato, ricercato fin nelle alture tibetane, a costituire il punto di partenza dei circa cento minuti racchiusi in “Gletscher”, ambiziosa sinfonia alla ricerca del punto di contatto tra rumore e silenzio ripartita in due corposi cd.
Allo stesso modo, rispetto alla monolitica impostazione drone-noise del lavoro precedente, “Gletscher” appare il frutto di un’elaborazione più articolata, che trae pur sempre le mosse da magmatiche modulazioni chitarristiche per svolgersi tuttavia attraverso una pluralità di calibrature e sensazioni. L’amplificato ventaglio stilistico di Galati si coglie fin dalla progressione ritmica innestata al culmine del brano d’apertura “Qualerallit” e non incontra smentita lungo tutto il corso dell’opera, che tra echi shoegaze (“Qooqqup”) e bagliori di riverberi persino sognanti (“Hopar”) rivela una concezione “sinfonica” del rumore, distillato in scie avvolgenti e più o meno luminose (“Gharesa”, “Kiattuut” e le due “Siachen”).
Al di là di qualche apice distorsivo, che tuttavia non assume le sembianze delle vere e proprie bordate di “Mother”, le componenti più tenebrose del lavoro risiedono piuttosto nei passaggi maggiormente decompressi, in particolare nella claustrofobica istantanea doom-ambient “Hispar (Everlasting Night)”, mentre il fatto stesso che i diciannove minuti della conclusiva “Shelkar Chorten”, quasi un compendio di tutta l’opera, trovino esito in un finale liquido e sognante lasciano intravedere l’ampiezza degli attuali orizzonti espressivi di Galati. Orizzonti che in “Gletscher” appaiono la plastica traduzione in suono degli spazi sconfinati e del bianco perenne dei luoghi che hanno suscitato una così composita, abbagliante sinfonia ambient-drone.