i_am_oak_our_bloodI AM OAK – Our Blood
(Snowstar, 2016)

Pur avendo mantenuto una presenza realizzativa costante, attraverso la pubblicazione della raccolta “Ols Songd” e dell’Ep condiviso con Geert van der Velde (The Black Atlantic), erano quasi quattro anni che Thijs Kuijken non tornava a dispensare nuove canzoni solitarie sotto l’abituale alias I Am Oak. A tale periodo, insolitamente lungo per un artista che aveva mantenuto un ritmo iniziale di tre album in tre anni, è corrisposto un momento di decantazione dell’ispirazione del songwriter olandese, che ha nuovamente trovato la strada per trasformarsi in canzoni in una dimensione soffusa e personale, in fondo non così distante da quella sottilmente indolente e contemplativa del precedente “Nowhere Or Tammensaari”.

Dalla solitudine meditabonda di Kuijken, dalle sue acute osservazioni del sé e del piccolo mondo che vi gira intorno, nascono le dodici canzoni di “Our Blood”, istantanee di un understatement animato da un lirismo delicato eppure, a suo modo, deciso. Proprio con piglio deciso e con l’abituale tocco lieve l’artista olandese plasma l’intero lavoro, scorrevole e snello (a meno che i suoi nemmeno quaranta minuti non bastino a definirlo “lungo”…), oltre che sufficientemente vario nelle soluzioni sonore e nei possibili universi di riferimento.

Certo, da Kuijken non ci si può aspettare il colpo ad effetto, ma proprio per questo le sue canzoni vanno assaporate lentamente, cogliendone la timida essenza di un songwriting in punta di dita e le esili trame di arrangiamenti che, nei passaggi moderatamente cameristici (“Omen”, “Volcano”) possono suggerire l’ibrido di un Sam Amidon continentale.

Benché in “Our Blood” non manchino di riaffiorare retaggi di un’immediatezza bluesy (“Own”) peraltro allegata piuttosto agli ampi orizzonti desertici di Damien Jurado (“Dacem”, “Gold”), è la delicatezza impressionistica di “Woandering”, della miniatura perfettamente compiuta in un solo minuto di “Warl” o ancora della sonnolenta ballata finale “Your Blood” a definire i contorni di un lavoro niente affatto inerte, ma soltanto incurante di abboccamenti indie, rispondente soltanto a un’ispirazione solitaria, tradotta in placide canzoni sottovoce.

http://iamoak.com/

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