TALONS’ – Work Stories
(Self Released, 2016)
Nel percorso di avvicinamento di Mike Tolan a un prossimo lavoro intitolato “After Talons’”, già annunciato entro la fine di quest’anno, il mini album “Work Stories” segna una tappa aspra e decisa, corrispettivo dalla più evidente grana elettrica rispetto alle narcolessie atmosferiche del recente “Growing Up”.
Benché anche in quell’occasione non mancassero chitarre dagli spigoli non smussati, le sette tracce di “Work Stories” sono affilate proprio come le dure storie di lavoro che narrano, benché osservate da un punto di vista disincantato e persino ironico, come la storia del coniglio nel garage di “Rabbit” o la constatazione che “No one I work with listens to Bonnie Billy” con la quale si apre, appunto, “Bonnie Billy”, o ancora lo spleen della quotidianità matura di “Tired of IPAs”.
È, ancora una volta, una realtà minima, quella colta dall’occhio sensibile e dalla poetica obliqua di Tolan, stavolta filtrata da una tensione nervosa il cui esito, pur su un binario di chiara marca slow-core affine a quello del Rivulets di “We’re Fucked”, rivela pronunciati accenti bluesy, appena filtrati da lirismo (in)dolente e gentile di un songwriting mai così vicino a quello del Mark Kozelek recente.
“Work Stories” appare così come una miscela di gentilezza e forza, con la lieve prevalenza di quest’ultima, che della poetica di Tolan offre uno spaccato in parte diverso dal solito, molto probabilmente destinato a divenire complementare al quadro ancor più organico dell’opera rispetto alla quale rappresenta soltanto un nuovo passaggio intermedio.