SOPHIE HUTCHINGS – Wide Asleep
(Preservation, 2016)
Già nella transizione tra il cristallino minimalismo pianistico del debutto “Becalmed” (2010) e i notturni orchestrali del seguito “Night Sky” (2012) si era colta la propensione di Sophie Hutchings per un formato dalle più articolate potenzialità espressive. Nei quattro anni intercorsi da quel lavoro, l’artista australiana ha ulteriormente ampliato i propri orizzonti creativi, tanto da ripresentarsi nel nuovo “Wide Asleep” alla guida di una piccola orchestra fatta di archi, texture ambientali e contenuti vocali mai così decisi e definiti.
Al centro delle sei tracce del lavoro resta pur sempre il pianoforte, la cui combinazione di eleganza austera e dinamiche palpitanti costituisce il bozzolo armonico intorno al quale la Hutchings costruisce sinfonie in miniatura, ora improntate a un romanticismo amplificato da esili risonanze e arrangiamenti d’archi (“Dream Gate”, “Memory I”), ora lentamente svolte su un’ambience sospesa, che evolve con movimenti graduali (“Falling”, “Living Light”).
La vera sorpresa, tuttavia, è tutta nei poco oltre cinque minuti di “Memory II”, le cui atmosfere vaporose racchiudono evocative parti corali e un crescendo che suggella la nuova dimensione creativa della poliedrica artista australiana, il cui retaggio classico da autodidatta abbraccia ora orizzonti di trasognate suggestioni orchestrali.