DAKOTA SUITE & QUENTIN SIRJACQ – Wintersong
(Schole, 2016)
Per un animo sensibile come quello di Chris Hooson, le particolari condizioni nelle quali per due volte negli ultimi cinque anni ha effettuato un tour giapponese hanno fatto scoccare in lui in entrambi i casi la scintilla propedeutica alla realizzazione di un lavoro suscitato proprio da quelle esperienze. Mentre è solo di pochi mesi fa la pubblicazione di “The Sea Is Never Full”, collaborazione con l’ensemble Vampillia originata ai tempi del terremoto che ha colpito il Giappone nel 2011, adesso l’artista inglese dà alle stampe una sorta di resoconto sonoro del tour del 2015, che lo ha visto affiancato, al pianista francese Quentin Sirjacq, in un binomio decisamente più “canonico” e comunque consolidato.
Tale resoconto assume la forma e la sostanza di “Wintersong”, titolo mutuato dal brano di apertura del primo disco di Dakota Suite (“Songs For A Barbed Wire Fence”, 1998), una raccolta di undici canzoni tra le più soffuse ed emozionali tratte dal repertorio di Chris Hooson, reinterpretate con l’accompagnamento del pianoforte di Sirjacq. L’inverno atmosferico giapponese, che lo scorso anno ha accolto i due artisti con la neve, e quello dell’animo pensoso e dolente dell’artista inglese diventano tutt’uno nelle nuove versioni di brani quali, tra gli altri, “All That I Can Hold Near”, “In The Stillness Of This Night” e la stessa title track, piccoli classici di introspezione e sentimento, che rivivono in atmosfere ancor più rarefatte e silenti, ma riscaldate da un confortevole calore, come quello che si può assaporare di fronte a un caminetto accesso nella quiete irreale di una nevicata.
Sono, ancora una volta, le sensazioni più intime a promanare dal cantato sommesso di Hooson e dalle note pianistiche di Sirjacq, alternamente scandite o strutturate in diafane armonie, talora dotate di vellutati contorni jazzy (“Close Enough To Tears”, “Last Flare From A Desperate Shipwreck”). Nulla di sostanzialmente nuovo sotto la fioca luce che da sempre rischiara le canzoni di Dakota Suite, se non l’elemento più importante e caratterizzante della poetica dell’artista inglese, ovvero le emozioni che note e parole recano con sé, perpetuandosi e trasformandosi a seconda del tempo, dei luoghi e delle condizioni atmosferiche, fino a diventare, come in questo caso, l’abbraccio più morbido e caldo che possa essere offerto dalla quiete invernale.