DAVID KOHLNE – Granular Canvas
(Whitelabrecs, 2017)
Quello firmato David Kohlne non è il debutto di un novello artefice di microcosmi sintetici, bensì soltanto la prima manifestazione ufficiale del nuovo alter-ego di un artista con tre lustri di esperienza alle spalle, che si mantiene volutamente misterioso, celato da un alias che lascia comunque trasparire aderenze con derive cosmiche di ascendenza teutonica.
I sei densi brani di “Granular Canvas” mirano infatti a intrecciare connessioni con dimensioni aliene, attraverso frequenze proiettate verso l’infinito da fonti sintetiche filtrate da supporti analogici che ne amplificano le irregolarità e il latente stato di tensione determinato dalle loro iterazioni. Ne risultano strati di atmosfera sulfurea, pullulanti di microelementi in sospensione, che rendono l’ambience creata da David Kohlne fortemente distopica, in bilico tra il lato più decompresso e uggioso della tavolozza di Scott Morgan, la ricercata minutaglia analogica di Pan•American e l’equilibrio particellare di Taylor Deupree.
Chiunque si celi dietro l’alias David Kohlne, la sua proposta d’ascolto resta compresa tra simili coordinate, ricondotte a minimale unità sotto forma di stranianti saggi di impressionismo sintetico-ambientale.