GIULIO ALDINUCCI – Borders And Ruins
(Karlrecords, 2017)
Le infinite vie del soundscaping, ormai di gran lunga travalicanti l’originaria dimensione concreta e circoscritta, trovano ancora una volta nelle opere di Giulio Aldinucci rinnovata sintesi e, al contempo, ulteriore momento di espansione. Il passaggio successivo, da un punto vista logico e temporale, rispetto al suono della materia esplorato insieme a Francesco Giannico nel recente “Reframing“, è per l’artista toscano la rappresentazione sonora di un messaggio, allegato a un concetto non astratto ma tangibile nelle sue ricadute concrete.
Come il titolo suggerisce, “Borders And Ruins” è incentrato sul tema dei confini, intesi in senso al tempo stesso fisico, figurato ed espressivo; da artista abituato a oltrepassare quelli tra linguaggi, nelle sue otto tracce Aldinucci espande ulteriormente l’ambivalenza stessa del suo registro sonoro, abitualmente costituito da field recordings e stratificazioni ambientali, costruendo una vera e propria sinfonia post-moderna, che del tema prescelto e della sua contemporaneità reca i tratti di più pronunciata urgenza e tensione espressiva.
Veicoli per tali messaggi sono una sorprendente coralità, animata da sacrale inquietudine, e maestose texture che ergono cattedrali di un rumore che sa di tormento e catarsi spirituale; benché siano questi gli elementi che più immediatamente colpiscono di “Borders And Ruins”, nelle sue pieghe riaffiora non solo una pluralità di suoni concreti, raccolti in diversi Paesi europei, ma anche frammenti di frequenze moderatamente disturbate, che fungono quasi da interludi tra prominenti torsioni dronico-corali, elevate da Aldinucci a linguaggio lirico di una disorientante contemporaneità.