PALE LIGHTS – The Stars Seemed Brighter
(Kleine Untergrund Schallplatten, 2017)*

Non è stato certo il curriculum di alcuni dei suoi componenti (Philip Sutton con i Comet Gain e Andy Adler dei Crystal Stilts) ad aver fatto gridare al miracolo ai tempi dell’esordio dei Pale Lights, “Before There Were Pictures” (2014), ma il contenuto del loro indie-pop assolato e dichiaratamente di retroguardia, alimentato com’era dalla passione per la Sarah Records e per il Dunedin Sound, che quasi tre decenni dopo trovavano a New York nuova manifestazione di una stagione mai etichettabile come passata.

I miracoli dell’indie-pop, per fortuna, si replicano, anche se a cadenze irregolari e comunque non particolarmente ristrette, come si conviene all’elaborazione di canzoni cesellate con cura, alla ricerca della melodia perfetta. Così, a tre anni e mezzo di distanza dal debutto, i Pale Lights tornano a manifestarsi, con una nuova sequenza di canzoni che non solo rinverdisce i fasti del debutto ma li amplifica, se possibile, proiettandoli in una dimensione di agrodolce maturità, condensa in dieci brani dalla durata media intorno ai tre canonici minuti della perfetta popsong.

E di popsong ai limiti della perfezione davvero pullula “The Stars Seemed Brighter”, lavoro talmente agile che quasi non permette di affezionarsi a una canzone per restare immediatamente impressionati dalla freschezza armonica e dalla spontaneità di quella successiva. Per quanto ancora una volta caratterizzati da un autentico culto per le sonorità del più classico indie-pop, i brani dei Pale Lights non solo evitano con naturalezza ogni cliché, ma soprattutto propongono una galleria di suoni e suggestioni estremamente varia, senza mai appiattirsi su una sola delle innumerevoli sfumature del genere.

In “The Stars Seemed Brighter” si avvicendano infatti le sensazioni decadenti di “100 Years” e gli echi smithsiani di “Mother Cries”, gli slanci vagamente twee di “I Will Not Pray”, il sapore sixties di “Jean, Bring The Flowers” e il ricorrente jingle-jangle che culmina nel finale “Goodnight”, ma sopratutto una combinazione di scrittura d’autore, eleganza di arrangiamenti e dolce malinconia come non la si sentiva dai già rimpianti Butcher Boy (“The Army Game”, “Poor Old Ruby Ellen” e “Coming Up For Air”).

Ogni canzone è comunque una storia a sé, un piccolo grande bignami di artigianato pop d’eccellenza, in grado di rischiarare uggiosi giorni invernali, regalando un sorriso e una melodia giusta per ogni occasione.

*disco della settimana dal 18 al 24 dicembre 2017

https://www.facebook.com/palelights/

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