MAXINE FUNKE – Silk
(Feeding Tube, 2018)
Esce parzialmente dalla raccolta dimensione di bassa fedeltà casalinga l’estro di Maxine Funke, per il suo terzo lavoro sulla lunga distanza vero e proprio. A chiudere l’anno cominciato con i trasognati scheletri di canzoni di “Home Fi” provvedono i quattordici brani raccolti in “Silk”, anch’essi dotati del dono della concisione.
Tuttavia, accanto alla cristallina propensione dell’artista neozelandese per un folk esile e delicato come la seta, il lavoro evidenza gli aspetti della sua personalità maggiormente dediti alla ricerca sonora: la sua sequenza di visionarie ballate acustiche in sedicesimi è infatti interpolata da ulteriori frammenti strumentali, interludi tra i quali affiorano manipolazioni di nastri, effetti elettronici e suoni concreti, spesso catturati appunto in contesti all’aria aperta.
In questo senso, Maxine si dimostra capace di uscire dal proprio circoscritto bozzolo creativo, contaminando con linguaggi e tecniche post-moderne il suo polveroso istinto folk, che rimanda in particolare alla grazia visionaria di Sybille Baier.
I due aspetti, pur talora in apparenza stridenti, si combinano invece in un equilibrio sorprendente, che negli intervalli tra i brevi brani lascia sospesa la curiosità di scoprire se ci si troverà in presenza di un afasico ammasso di suoni ambientali ovvero di una ballata di incantevole bellezza e fragilità. Sono ovviamente queste ultime, con la loro naturalezza armonica e il loro fascino discreto, a definire in maniera emblematica la personalità di Maxine Funke e la sua poetica di minimale intimismo folk, quanto mai ispirata e preziosa.
preziosa, sì*