memories: THE NOISE MADE BY PEOPLE

BROADCAST – The Noise Made By People
(Warp, 2000)

Quando i Broadcast si affacciarono per la prima volta a un pubblico indipendente più vasto rispetto a quello dei sotterranei club della loro Birmingham, la comparazione con gli Stereolab è stata praticamente inevitabile. Affini potevano infatti considerarsi il gusto per il modernariato analogico e per la leggerezza melodica degli anni Sessanta, così come un percorso produttivo cominciato nel 1996 con un Ep sulla Wurlitzer Jukebox, transitato poi proprio per l’etichetta degli Stereolab, la Duophonic, sulla quale hanno pubblicato un altro paio di Ep e infine approdato alla Warp che nel 2000 ne ha licenziato il debutto sulla lunga distanza, la cui cromia gialla poteva ulteriormente rimandare a coeve avventure sonore della band guidata da Tim Gane e Laetitia Sadier.

Eppure, poco oltre la superficie dei connotati estetici e della pur non casuale comunanza di almeno una parte del percorso iniziale dei Broadcast, la band guidata dalle tastiere di Roj Stevens e dalla suadente dolcezza interpretativa di Trish Keenan si presentava con caratteri tutti propri alla sua prima prova sulla lunga distanza, “The Noise Made By People”, che seguiva la scia di singoli quali “Come On Let’s Go” e “Echo’s Answer”, pubblicati nel biennio precedente e compresi nella scaletta dell’album.

In dodici tracce dalla durata media intorno ai quattro minuti, “The Noise Made By People” delinea in maniera esaustiva la personalità artistica dei Broadcast, decisamente più complessa di quanto potrebbe a un primo ascolto apparire. Ricerca sonora e dolcezza pop convivono infatti in un’equilibrata combinazione nel corso dell’album, sul comune denominatore di atmosfere trasognate e visionarie, sospese tra agrodolce nostalgia e cinematiche derive sci-fi. Con poche eccezioni (l’irresistibile uptempo di “Come On Let’s Go”, le grandiose aperture “orchestrali” di “Papercuts”), l’album predilige con decisione toni sfumati e ritmi carezzevoli, che in particolare nei tre brani strumentali e negli interludi presenti in molti brani, si orientano verso una rideclinazione in chiave di (post-)modernariato pop di timbriche jazzy e variegate sensazioni esotiche.

Allora, piuttosto che con gli Stereolab, le filigrane strumentali di “Minus One” e “Tower Of Our Tuning” possono suggerire parentele con le incursioni nei mari tropicali dei Pram, arricchite da un lato da un’aura compositiva che attinge agli anni Sessanta per le colonne sonore (retro-)futuriste, oltre che per l’innegabile attitudine della band nell’innestare un lessico pop sul proprio ricercato substrato sonoro costituito non soltanto da tastiere analogiche ma anche da una classica strumentazione elettrica. Gli avvolgenti riverberi di “Unchanging Window”, l’obliqua nenia di “Echo’s Answer”, lo stralunato controcanto su una melodia di due note di ” You Can Fall ” e il sogno interstellare ad occhi aperti dell’incantevole “Until Then” disegnano così con estrema naturalezza ulteriori mondi possibili di un pop dalle chiare ascendenze sixties, ma che sarebbe davvero impossibile da collocare temporalmente in un periodo espressivo.

Ad alimentarlo e sostenerlo, oltre a tutti i suoi peculiari caratteri sonori, sono state certamente le interpretazioni di trasognata eleganza e dolcezza di Trish Keenan. Trish è prematuramente scomparsa nel 2011, e molti hanno scoperto i Broadcast anche in seguito a questo triste evento; immortale resta comunque il ricordo della band e di quel suo primo album dalla copertina gialla, così come immortale resta la sua voce, ideale nel dispensare misurate dolcezze pop, che oggi si possono immaginare insieme a lei fluttuare tra stelle distanti, senza tempo come il lascito musicale della sua band.

https://www.facebook.com/Broadcast/

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