BRIGID MAE POWER – Head Above The Water
(Fire, 2020)
Fin dai primi accordi di “On A City NIght”, brano che apre il terzo lavoro di Brigid Mae Power, si respira un’atmosfera familiare, eppure niente affatto scontata. Nella semplicità poetica dei suoi versi d’apertura, “City lights or country skies at night/ which do you prefer?”, vi è tutto il piccolo mondo dalla grande sensibilità dell’artista irlandese, idealmente protesa dalle sue radici country-folk a un microcosmo di placido lirismo nel quale raccontare storie che traggono spunto dalla sua quotidianità.
Eppure, non vi è nulla di calligrafico nei dieci brani che formano “Head Above The Water”, registrati a Glasgow insieme ad Alasdair Roberts e al compagno Peter Broderick, che al fragile lirismo della songwriter di Galway hanno aggiunto dinamiche tipicamente folk, minimali soluzioni da camera e, in generale, cornici atte ad esaltarne la naturale delicatezza e la sottile tensione. In più di un episodio (“Wedding Of A Friend”, “I Was Named After You”) traspaiono elementi di un ritualismo folk alimentato da iterazioni armoniche e arrangiamenti dalle ritmiche pronunciate e oblique, che ne reinventano gli aspetti tradizionali, senza tuttavia sconfessarli.
A differenza del pacato intimismo del precedente, splendido, “The Two Worlds” (2018), “Head Above The Water” riporta in superficie le tensioni dell’animo di Brigid Mae Power, pur filtrate dalla sua poetica sempre lieve e dal contenuto parzialmente autobiografico dei testi. Dalle prime note e per tutti i tre quarti d’ora del lavoro, la sua voce magnetica incarna la matura consapevolezza di un songwriting e di orchestrazioni sonore che propongono una combinazione di tradizione e modernità equilibrata e, ancora una volta, fortemente personale.